“Il presidente della Commissione
Affari Costituzionali Alberto Balboni ha annunciato all’inizio
della seduta che intendeva applicare il canguro. E le
opposizioni hanno contestato, sia il parere della Giunta per il
Regolamento, perché è un parere che non obbliga affatto ad
applicare il canguro in quanto dice solo di valutare con
prudenza se ci sono le condizioni”, sia Balboni perché “lui non
ha nessun motivo di applicare il canguro, mentre la
responsabilità se applicare o meno il canguro è tutta sua. Lui
non può dire ‘lo dice la Giunta’, perché la Giunta si è limitata
a dire che non è illegittimo applicarlo se con prudenza”. A
raccontare di come si siano svolti i lavori in Commissione
Affari Costituzionali sulla riforma per la separazione delle
carriere dei magistrati per la quale alla fine si sono votati
gli emendamenti con la tecnica del ‘canguro’, è il capogruppo Pd
in Commissione Andrea Giorgis.
“Balboni ha provato a sostenere che, siccome è calendarizzato
per l’11 giugno, allora bisogna fare tutto il possibile per
arrivare in Aula l’11 avendo chiuso i lavori della Commissione.
Ma questa sarebbe una forzatura al quadrato, perché la prima
forzatura l’ha consumata l’Aula quando ha fissato comunque
autoritariamente una data. Adesso non è che siccome abbiamo una
data allora per conseguenza si mortifica anche il lavoro in
Commissione. Si assumano la responsabilità di andare in Aula
senza mandato al relatore, ma non facendo finta che si siano
conclusi i lavori in Commissione”, aggiunge Giorgis.
“Non ci sono precedenti nella storia repubblicana di
applicazione del ‘canguro’ in Commissione – sottolinea – noi
vorremmo capire quale sia il criterio per l’accorpamento degli
emendamenti. L’idea di considerare soltanto un pezzettino,
l’inizio di un emendamento e poi di considerare automaticamente
bocciati tutti gli altri che hanno quell’identico pezzettino, è
un criterio che non regge, perché noi quando mettiamo in
votazione un emendamento non è che sappiamo già prima che verrà
bocciato”. “La controprova per sapere se è legittimo o no fare
dei pezzettini e metterli al voto è immaginare se venisse
accolto l’emendamento – insiste Giorgis – un conto è metterli
insieme se hanno un contenuto omogeneo, ma questo è un lavoro
diverso, attiene all’applicazione di un particolare istituto
previsto dal Regolamento che è la ‘votazione per principi'”.
“Qui invece – spiega – si tratta di singole parti che a seconda
di quanto sono estese determinano la caduta o meno di tanti
altri emendamenti. Ripeto, ipotizziamo che venga accolto, che
cosa succede? Il testo viene integrato e diventa privo di
significato”. “Chi vota, anche se la maggioranza pensa di sapere
già l’esito, deve sempre avere la consapevolezza di quale
sarebbe l’effetto normativo della votazione. Non si può pensare
che ciò che conta è soltanto sbarazzarsi in fretta e furia degli
emendamenti dell’opposizione”, conclude Giorgis.


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