Senatore Miguel Gotor, tre indizi sono una prova: anche ieri i verdiniani erano a un vertice con il Pd. È rassegnato al fatto che siano ormai in maggioranza?
«Non lo vivo con rassegnazione, perché si realizza uno scenario che avevamo da tempo denunciato. Si è passati da un ruolo ombra a uno sempre più manifesto. Si tratta di una strategia di avvicinamento, che ha avuto un passaggio molto furbo nella fiducia sulle unioni civili, quando Verdini ha bussato alla porta della maggioranza da sinistra».
A dire il vero i verdiniani in un primo momento negavano la presenza al vertice. Cosa ne pensa?
«Non c`ero, non posso fare filologia dell`imbarazzo. Mi interessa la politica: l`apertura a Verdini non è necessaria, ma rappresenta una scelta. Il Pd al Senato ha una maggioranza autonoma, come dimostrano quaranta fiducie in cui Ala non è mai stata decisiva».
Pensa che gli uomini di Ala spingano alla porta di questi vertici, provando a infilarsi in riunioni in cui non sono invitati?
«C`è anche un elemento di raffinata provocazione. Il Pd non bisogno di avvocati difensori come i verdiniani».
Lei comunque eviterebbe di riunirsi con Ala, giusto?
Se questi vertici si fanno, è perché sono inevitabili. È su questa inevitabilità che bisognerebbe ragionare. Il patto del Nazareno serviva a coprire il nucleo toscano dell`accordo con Verdini, che ha accompagnato le origini dell`ascesa di Renzi. Gli amici si vedono nel momento del bisogno. Ora è tutto più chiaro».
Parla di un progetto politico di Renzi: quale?
«Un asse neocentrista che rompa con la tradizione e la storia del centrosinistra. Il prezzo che si paga è il trasformismo».