Senatore Miguel Gotor, dopo la sconfitta del PD alle elezioni amministrative chiederete le dimissioni del Premier Renzi dalla segreteria del partito?
«Le dimissioni non sono all`ordine del giorno e il doppio incarico è previsto dallo statuto del Pd, però siamo per la separazione dei due ruoli e chiediamo che si faccia un congresso che introduca questa possibilità, perché il partito non può essere soltanto il megafono dell`attività di governo».
Ma il doppio incarico non riguarda solo Renzi.
«Certo, per quanto riguarda le vicesegreterie sono state fatte scelte politiche che non sono vincolate dallo statuto. Se perdiamo a Trieste e a Pordenone forse sarebbe auspicabile che la governatrice del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani si occupasse di più del territorio che deve governare».
Anche a Roma il Pd sembra scomparso dalle periferie.
«A Roma veniamo da 18 mesi di commissariamento ma, in una situazione difficile, i risultati sono andati oltre
le più pessimistiche previsioni, per cui come dice la sempre tempestiva ministra Madia sarebbe ora di chiudere l`esperienza di Matteo Orfini e tornare alla celebrazione dei congressi. Mi meraviglio che se ne debba parlare».
Ma dopo l`esperienza disastrosa dei ballottaggi a Roma e a Torino, Renzi cambierà l`Italicum che sembra fatto apposta per far vincere i 5 Stelle alle politiche?
«Certamente occorre intervenire, prevedendo la possibilità di fare coalizioni, perché l`esperienza ci dice che nella sfida dei ballottaggi il Pd prevale se riesce ad organizzare il campo del centrosinistra come
è avvenuto a Milano, mentre se va da solo viene sconfitto. Ma soprattutto servirebbe un doppio turno di collegio che consenta di selezionare dal basso i deputati evitando un Parlamento che sia un`appendice del governo con scarsa rappresentanza».
Intanto il primo scoglio sul quale potrebbe infrangersi Renzi in autunno è il referendum costituzionale.
Voi come vi muoverete?
«Io penso che il Pd, una volta stabilita la linea della maggioranza per il sì, dovrebbe consentire al proprio interno anche la formazione di comitati per il no. Questo consentirebbe di spersonalizzare il referendum, separandolo nettamente dal giudizio sul governo, e eviterebbe di perdere il contatto con tanti elettori del Pd, che vogliono continuare a votarci ma sono contrari alla riforma».
Ma a Renzi chiederete un mea culpa sia per la gestione del governo che del partito.
«Chiederemo un cambio di rotta e di stile. Dopo un risultato come quello di domenica è sbagliato commentare
il voto facendosi un selle con uno chef pentastellato. Chiediamo anzitutto minore arroganza e maggiore umiltà. La sconfitta elettorale dimostra che siamo in una nuova fase rispetto ai racconti propinati con un ottimismo che non corrisponde al paese reale. Ora dobbiamo intervenire subito su quelle questioni che abbiamo denunciato in passato e per cui siamo stati persino irrisi mentre oggi i fatti ci danno ragione. Penso alla riforma della scuola per cui insegnanti abilitati sono stati costretti a fare una gara di dattilografia.
Penso al jobs act che ha portato all`esplosione dei voucher e quindi del lavoro precario con una contrazione
dei salari, mentre con la riduzione dei contributi pubblici assistiamo ad una diminuzione delle stabilizzazioni contrattuali».