Renzi ha vinto, è segretario, ma le primarie arrancano. Con Walter Veltroni, nel 2007, andarono ai gazebo 3 milioni e mezzo di persone. Di chi è la colpa?
«Quelle primarie segnavano la nascita di un nuovo partito e l`inaugurazione di un metodo per governarlo mai sperimentato prima in Italia. È comprensibile che questa doppia novità abbia suscitato allora un entusiasmo che oggi si è un po` spento. Certo, a spegnerlo hanno contribuito anche anche la fine del sistema maggioritario e una dialettica tra i candidati che ha lasciato molto a desiderare».
Sta dicendo che è stata una campagna elettorale con poche idee?
«I due candidati principali hanno discusso di questioni di modestissimo rilievo effettivo, mentre sono stati reticenti sulla questione centrale: il ruolo a cui puntano per l`Italia nella nuova Ue. Su questo terreno mi è parso che, in particolare, gli interventi di Renzi siano stati un po` appannati da una preoccupazione eccessiva di rincorrere i malumori diffusi».
Non crede che sia proprio lo strumento a non funzionare più?
«In Italia e in Francia oggi le primarie suscitano minori entusiasmi di dieci anni fa. Però le alternative sono entrambe peggiori: il ritorno al modello del congresso del secolo scorso, il cui risultato era deciso dal traffico delle tessere e dalle trattative nascoste tra capi-corrente, oppure il modello di partito senza congresso, dove decide sempre solo il capo».
Non sarà che la ragione della crisi riguarda la sinistra tout court? In tutto il mondo perde.
«Se è per quello, perde anche la destra».
Perché, secondo lei?
«Perché la scelta politica fondamentale davanti alla quale si trovano tutti i governi, i parlamenti e gli elettori, oggi, non è tra destra e sinistra, tra eguaglianza e libertà. La scelta è tra stare al gioco della globalizzazione oppure no. Se si accetta quella sfida ci si deve attrezzare per trarre dalla globalizzazione il massimo di benefici e sostenere e indennizzare le minoranze che ci perdono. Nel vecchio continente questo significa costruire una Unione Europea forte e capace di governare l`economia e la difesa comune e controllare i confini esterni».
E chi detesta la globalizzazione?
«Chi la detesta cerca di contrastarla ripristinando la sovranità nazionale, chiudendo le frontiere. Questo nuovo spartiacque passa all`interno sia del vecchio fronte della destra, sia di quello della sinistra: la cosa è evidentissima in Grecia, in Austria, in Gran Bretagna, in Olanda e in Francia. In tutti questi Paesi i partiti “sovranisti” si rafforzano perché sono gli unici a schierarsi in modo inequivoco rispetto a questo spartiacque. Gli altri, continuando a dividersi secondo schemi vecchi, finiscono col disorientare gli elettori e togliere loro fiducia nella politica».
Renzi, dopo la vittoria di Macron, ha detto che si vince al centro. Il socialismo è finito?
«Che si vinca al centro lo hanno spiegato da tempo diversi politologi. Ma oggi anche questo concetto ha perso gran parte del suo significato: possono considerarsi “centrali” sia il Pd, sia i centristi, sia il M5S. Se non si mette a fuoco il vero spartiacque, non si capisce niente di quanto sta accadendo. E qui ci sarebbe da dire una cosa su Forza Italia».
La dica.
«Berlusconi non può continuare a ignorare quello spartiacque. Deve dire chiaro e tondo che Fi, appartenendo al Ppe, non può allearsi con chi chiede l`uscita dall`euro. Se non fa questo, Berlusconi condanna Fi a fare la fine dei repubblicani francesi».
Macron ha rotto con il Partito socialista. Renzi è rimasto nel Pd. Chi ha fatto meglio?
«La differenza sta nel fatto che in Francia un partito analogo al Pd non è ancora nato. Macron ha capito che per vincere occorre schierarsi in modo chiaro rispetto allo spartiacque tra europeismo e “sovranismo”; e occorre spiegare perché la chiusura è peggio per tutti. Questo non avrebbe potuto farlo dentro il vecchio partito socialista».
Dopo questa legittimazione, aumenterà lo scontro Pd-governo?
«Spero di no. E che, invece, sia nella maggioranza parlamentare sia nel governo aumenti il tasso di riformismo. Che negli ultimi tempi mi è parso un po` in ribasso: penso alle mancate riforme del Catasto e della Motorizzazione civile, alla conservazione del monopolio SIAE, alle partecipate pubbliche, alla concorrenza nel settore dei taxi, ai ritardi nell`attuazione delle politiche attive del lavoro».