Malgrado anni di prediche sull`opportunità che i giovani si disegnino un percorso professionale innovativo, imprenditoriale, creativo e via dicendo, il posto fisso ha sempre il suo fascino. «La stabilità del lavoro costituisce un valore positivo per chiunque, a tutte le latitudini», conferma Pietro Ichino, giuslavorista di lungo corso, docente alla Statale di Milano nonché senatore Pd. «Se poi a bandire il posto è un ente prestigioso come la Banca d`Italia, che quel posto faccia gola a molti è ancora più comprensibile. Però, il dato degli 85mila candidati per 30 posti, o anche gli 8mila cui sarebbero stati ridotti, è indice di qualche cosa che funziona molto male».
Perché indica una disfunzione?
«Per un candidato, la partecipazione a un concorso ha comunque un costo di trasferta, tempo, fatica. Si può capire che si accolli questo costo chi ha una qualche pur piccola probabilità di vincere. Ma, conoscendo gli standard e i criteri selettivi della Banca d`Italia, si può stare certi che i candidati con qualche possibilità effettiva non sono più di qualche centinaio. Dall`altro lato, questo numero di candidati comporta un costo abnorme per l`ente, che andava evitato con l`adozione di un filtro preliminare più stringente. Si poteva chiedere la buona conoscenza non solo dell`inglese ma di una seconda lingua straniera».
Quest`assalto è il frutto della disoccupazione giovanile al 34%
«Contribuisce a spiegare la partecipazione. Ma alle radici c`è la grave mancanza di un servizio di orientamento scolastico e professionale che fornisca agli adolescenti è ai giovani in cerca di prima occupazione un`informazione qualificata sul tipo di lavoro a cui possono aspirare e sui percorsi necessari per arrivarci. Il dato delle 80mila candidature è figlio di una diffusa ignoranza di come funziona effettivamente il mercato del lavoro. Però c`è qualcosa che non funziona anche dall`altro lato».
A che cosa si riferisce?
«Alla forma tipica del concorso pubblico in Italia: altamente burocratizzata, avviluppata in procedure rigide che corrispondono a scarsa capacità di selezione adeguata dei candidati in relazione alla ro attitudine a svolgere una funzione. Ed escludono di fatto gli altri cittadini europei: che senso ha chiedere di allegare alla domanda la carta d`identità che in diversi Paesi come la Gran Bretagna non esiste, o l`autenticazione notarile di documenti che all`estero non sanno neppure cosa significa, quando basterebbe controllare solo i documenti del vincitore? Nel caso di Bankitalia, sarebbero 30 controlli anziché 80mila. Tutti i concorsi pubblici sono impostati con questo dna. E chi opera la selezione tra i candidati raramente è davvero incentivato a compiere la scelta migliore, e quasi mai paga se sbaglia.».
Negli altri Paesi funziona meglio?
«Non in tutti: la selezione è migliore nei Paesi anglosassoni dove i dirigenti pubblici sono più responsabilizzati per i risultati ottenuti dalla struttura loro affidata. Lì i concorsi sono meno appesantiti da regole procedurali, e l`incentivo fa sì che la selezione sia legata al merito sostanziale».


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