Presidente Luigi Zanda, le è sembrato che in direzione Renzi fosse sereno?
«È un momento di tensione, comprensibilissima».
Il segretario del Pd è tornato indietro rispetto al governo di responsabilità nazionale?
«No, l’obiettivo è costruire un governo con quelle caratteristiche».
Chiedere che siano coinvolte tutte le forze politiche serve a farsi dire di no?
«Non dò questa lettura».
Per Mattarella votare ora è inconcepibile, concorda?
«Sì. La democrazia funziona se ha una buona legge elettorale e, nei sistemi bicamerali, se le leggi di Camera e Senato sono omogenee».
In Senato ci sarebbero i numeri per un Renzi bis?
«Il Senato ha votato la fiducia al governo con un’ampia maggioranza».
È un buon viatico per un nuovo incarico a Renzi?
«È la conferma che le sua dimissioni sono una conseguenza del referendum, non della mancanza di maggioranza».
Quale arma avete usato, lei e gli altri mediatori, per convincerlo ad aprire a un governo di responsabilità?
«Non c’è stato bisogno di fare grande lavoro di convincimento. Una crisi di governo deve essere indirizzata a verificare se esistono maggioranze e formule per proseguire la legislatura».
Esistono, secondo lei?
«La maggioranza va ricercata con l’obiettivo di proseguire fino alla naturale conclusione della legislatura».
Fino al 2018?
«Sì. Ma se non si trovano maggioranze, il voto è inevitabile».
Con un governo guidato da chi?
«Bisogna aspettare le consultazioni al Quirinale, ascoltare i gruppi e poi le valutazioni di Mattarella. Leggo continuamente ipotesi di nomi, ma sono tutte opinioni personali di chi le formula, senza nessuna base politica».
Padoan e Grasso non hanno fondamento politico?
«Nessun nome oggi ne ha».
Lei è ancora un franceschiniano, giusto?
«Ho sempre tenuto molto alla mia indipendenza».
Franceschini ha rotto con Renzi e si è alleato con Orlando, per fare uno il premier e l’altro il segretario del Pd?
«È la prima volta che lo sento».
Il Pd sta per esplodere?
«Non c’è un clima esplosivo, ma una condizione politica molto delicata, esito del referendum su una riforma approvata dagli organi del Pd e dal Parlamento, ma bocciata dal popolo».
Se tutto naufraga chi fa la scissione, Bersani o Renzi?
«In questa fase di grandissima frammentazione politica, l’unità del Pd è un valore primario. Io ho votato Sì e avrei naturalmente preferito che il partito fosse compatto sul Sì, ma ora non dò giudizi su chi ha scelto il No».
La riforma della Giustizia è destinata a saltare?
«Appena ci sarà il governo, riprenderà il suo iter al Senato. Ma per molti, molti anni la vittoria del No ci riconsegna un bicameralismo paritario, che avrà ripercussioni sulla qualità delle leggi. L’uso abnorme di decreti legge continuerà a rendersi necessario. Rimarrà intatta la conflittualità tra Stato e Regioni, non sono definitivamente abolite le Province e non viene cancellato il Cnel».
Ci riproverete?
«Nell’anno che resta non si può certo riformare la Costituzione, ma si può dare continuità alla politica del governo Renzi e della sua maggioranza. Il risanamento dell’economia, le riforme, il fisco, i diritti civili e la pressione sull’Europa, perché tenga conto del punto di vista dell’Italia».
Ci vuole Renzi, per fare le politiche di Renzi?
«È un ottimo presidente del Consiglio».
Maria Elena Boschi è l’altra grande sconfitta?
«È un elemento molto importante del governo e ha mostrato qualità politiche. Io penso che abbia un futuro».