Testo dell’intervento in aula

Ho apprezzato moltissimo l’approccio non burocratico, diciamo pure non negazionista e non minimalista, del Ministro sui mali della giustizia italiana. Preferisco un Ministro che dica la verità, abbia un’idea seria dei problemi presenti e indichi nel Parlamento un luogo dove tirar fuori i dati, avanzare proposte e definire percorsi legislativi ed amministrativi.

Il Ministro ci propone finalmente la fine di un dissidio: sicurezza e libertà. Sì, nei cittadini la domanda di sicurezza si sposa bene con la domanda di più garanzie; nella politica – ahimè – per tanti anni abbiamo posto in contrapposizione questi due aspetti importanti, entrambi risorsa l’una per l’altra.
Il Ministro ci invita a riflettere ed è ormai ampiamente dimostrato che c’è una diretta correlazione tra la crisi italiana e lo stato della giustizia. Mettiamola in positivo: una via per uscire dalla crisi è la riforma radicale della giustizia.
E’innegabile che quello passato è stato un anno in cui il motore delle riforme, tra mille difficoltà, si è messo in moto.
Vorrei di nuovo riprendere qualche dato. In primo luogo, c’è stata una riduzione delle persone detenute, ad oggi a 53.000. Pensate: eravamo a 70.000 e nessuno scommetteva sull’idea che saremmo scesi sotto i 60.000 senza ricorrere all’amnistia e all’indulto.
Pensate un po’ al processo telematico, che sembrava una chimera, impossibile da realizzare nel nostro Paese; invece il processo telematico è partito.

Un dato mi ha colpito e vorrei venisse sottolineato in quest’Aula: la riduzione da 61 a 37 direttori generali del Ministero, una cosa quasi impossibile.
Sull’ufficio del processo ci sono stati anni e anni di discussione, anni e anni di valutazione, poi sui fatti il niente; adesso finalmente anche su questo si è avviata tale moderna organizzazione della nostra giustizia.

Tuttavia, vorrei esaltare non solo questi contenuti che sono stati indicati, ma soprattutto il metodo: dialogo con i principali attori del Governo e dell’amministrazione della giustizia (i magistrati, gli avvocati, il personale amministrativo), dialogo con tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione.
Il Parlamento non ha avuto un ruolo passivo, di freno, ma anche il Senato ha saputo svolgere una funzione attiva e di implementazione delle stesse proposte del Governo: pensate a quello che si è fatto sulla depenalizzazione, sull’autoriciclaggio, sull’articolo 416-ter del codice penale, sull’aumento delle pene, sulla negoziazione assistita, sui diritti civili, sull’introduzione del reato di tortura.
Si tratta, insomma, di un Senato che non sta a guardare, che discute, riflette, avanza delle proposte e in qualche caso corregge anche il Governo. Il motore delle riforme adesso deve aumentare i suoi giri: siamo appena all’inizio, come dicevo all’inizio quando ho introdotto quest’intervento, e il 2015 deve essere l’anno del grande salto di qualità.

Per quanto riguarda l’organizzazione giudiziaria, noi sulla geografia giudiziaria le abbiamo sempre detto di fare attenzione, di valutare man mano la sua attuazione, perché se ci sono da fare delle correzioni non dobbiamo avere paura, non dobbiamo aspettare che i risultati siano negativi; siamo pronti a farlo, senza campanilismi e senza sconti. Lo stesso vale anche sugli organici, sul precariato, sull’organizzazione telematica, che deve essere ancora più spinta, e sull’organizzazione manageriale degli uffici.

Riteniamo anche che lo spazio giuridico europeo sia ormai maturo; ci ha dato conto del lavoro che è stato fatto e, nonostante non abbiamo più la Presidenza, si è seminato bene e quindi dobbiamo raccogliere i frutti. Mi riferisco allo spazio giuridico europeo sia nel campo dell’antimafia, che in quello della corruzione.

Le riforme del processo civile e del processo penale non possono più aspettare. Un Paese moderno deve sapersi misurare anche su questo; non sarà facile, ma su questo obiettivo dobbiamo dare il nostro meglio, così nella lotta alle mafie e alla corruzione, intervenendo su prescrizione e aumento delle pene, che si sposano bene con una fase culturale e preventiva (non è vero che le due cose vanno in contrapposizione), così sul regime di cui all’articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario e anche sull’aggressione ai grandi patrimoni dei corrotti e dei mafiosi.

Vi è, però, anche una stagione dei diritti civili da far entrare finalmente in quest’Aula.
Siamo pronti. Come non ribadire che sul divorzio breve e sulle unioni civili il Parlamento deve dare una risposta positiva al punto da allinearci con i grandi Paesi, con le democrazie avanzate? Nello stesso tempo dobbiamo dire qualcosa di serio e concreto sulla lotta alla omofobia, sull’adozione dei minori da parte delle famiglie affidatarie; inoltre siamo pronti a recepire i reati ambientali nel nostro codice.

Insomma, il clima è cambiato.
n quest’Aula per anni lo scontro è stato sull’autonomia e sull’indipendenza della magistratura, sulle leggi ad personam. Attenzione ai colpi di coda. Saremo molto attenti per quanto riguarda il falso in bilancio ad evitare che le soglie possano far rientrare dalla finestra quello che stiamo cercando insieme a lei e al Governo di tener fuori dalla porta. Per questo il rapporto tra Governo e Parlamento è vitale; è per questo che la dimensione progettuale, della verifica dei risultati, del lavorare insieme sulle riforme deve prendere sempre più il sopravvento.

È vero; concordo: forse dobbiamo cambiare anche la modalità di organizzazione di questa nostra liturgia; è vero, nel passato questo era il momento dello scontro ed i banchi erano pieni: forse non avere più quel conflitto fa abbassare un po’ l’attenzione. Allora, possiamo rimediare facendo in modo appunto che vi sia tempo per una discussione ampia e profonda, senza il voto finale, perché tutti siamo chiamati alla stessa responsabilità: servire il nostro Paese, migliorando radicalmente il sistema giustizia in tutte le sue componenti ed in tutti i suoi attori.


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