Malpezzi, questa manovra secondo lei non coglie le istanze del Paese?

Ovvero?

Prima. Di fronte alla terribile crisi inflattiva, l’esecutivo Meloni si limita a un intervento assolutamente insufficiente sul taglio del cuneo fiscale senza mettere in campo interventi più incisivi che sono riservati esclusivamente ai lavoratori autonomi che, con l’estensione del regime forfettario a 85mila euro, otterranno un vantaggio fiscale assolutamente sproporzionato rispetto ai lavoratori dipendenti. È una manovra che divide il mondo del lavoro. Noi lo abbiamo detto chiaramente: un taglio importante del cuneo è l’unico strumento per aumentare i salari e sostenere le famiglie. Meno tasse sul lavoro significa dare una mensilità in più ai lavoratori. Non è un caso che anche il presidente Bonomi abbia parlato di una misura “non decisiva”. Il carrello della spesa a ottobre è aumentato del 13% rispetto a un anno fa, le retribuzioni poco più dell’1%. Davvero pensano che un taglio di due punti, diviso tra imprese e lavoratori, sia sufficiente?

La seconda?

Dopo la crisi Covid e con il caro bollette sarebbero serviti più soldi per la sanità, non meno. E, invece, in questa legge di bilancio si tagliano i fondi destinati al sistema sanitario nazionale: le risorse non basteranno in alcun modo a coprire le falle causate dalle spese per il Covid e dal caro energia: con questa super inflazione si rischia seriamente di non assicurare le cure a tutti, di non ridurre le liste d’attesa e di non assumere il personale che serve.

Il pacchetto di venti miliardi sul caro energia è significativo. Si aspettava di più?

Non sono assolutamente sufficienti. Ricordo che nel 2022 sono stati spesi più di 5 miliardi al mese e, invece, i 21 miliardi stanziati dal governo serviranno a coprire soltanto i primi tre mesi del 2023 senza dare aiuti concreti alle famiglie e alle imprese colpite dal caro bollette. A ciò si aggiunga che da dicembre aumenteranno benzina e gasolio e che l’esecutivo non ha fatto nulla di quanto promesso sul disaccoppiamento gas-rinnovabili. Sarebbe servito ben altro, a partire da contratti a prezzo calmierato, procedure più snelle per le rinnovabili e una strategia di lungo periodo per ridurre i consumi.

Sul reddito di cittadinanza la posizione del governo è abbastanza netta. Dal 2024 pare non verrà più riconfermato. C’è davvero il rischio di un allarme sociale?

Fra sei mesi oltre mezzo milione di percettori non avranno più un reddito che ricordo è uno strumento che combatte l’indigenza, ma è anche uno strumento di riscatto della persona. Il governo sta facendo cassa sui poveri, smantellando una misura di sostegno alla povertà invece di riformarla per renderla più efficace. In una fase di recessione come questa, tagliare il reddito di cittadinanza è un grave errore. La povertà va combattuta, non certo ignorata o colpevolizzata. Intanto il governo si dia da fare per creare lavoro, prima di togliere un sussidio a chi non riesce in alcun modo ad arrivare a fine mese.

Che ne pensa delle scelte sulle pensioni? Quota 103 sarà sostenibile?

Non è una riforma organica e neppure il tanto decantato superamento della Fornero che la destra ha promesso in campagna elettorale. Oggi, la priorità deve essere difendere il potere d’acquisto dei pensionati e, invece, il governo ha messo in campo un aumento trappola che farà perdere ai pensionati 100 euro al mese a causa del taglio al meccanismo di perequazione degli assegni. Con un espediente fanno crescere di 25 euro in due anni le pensioni minime, prelevando dalle pensioni 3 miliardi. Noi con l’anticipo di rivalutazione delle pensioni abbiamo ridotto il rischio povertà. La priorità dovrebbe essere prorogare Opzione donna e Ape sociale, estendendola anche agli autonomi e rafforzare la quattordicesima per aiutare tutti i pensionati, a partire da quelli con trattamenti più bassi.

Una misura sottolineata dalla premier è legata al sostegno alla maternità. Potrà essere un modo per migliorare la condizione delle madri lavoratrici? Che impatto avrà?

Intanto, mi faccia dire che l’assegno unico – una misura del Pd – nel 2022 ha ridotto il rischio povertà. Lo dice l’Istat, non noi. Dispiace che per scelte ideologiche e identitarie, la presidente Meloni non investa di più su strumenti che hanno funzionato. Le misure a sostegno delle famiglie e della natalità tendono la mano più alle famiglie tradizionali con molti figli che a quelle che versano in condizioni economiche peggiori, a prescindere dal numero dei figli. Di fatto si tratta di misure che avvantaggiano le famiglie numerose dove la donna ha il ruolo di angelo del focolare.

Una misura inutile, dunque?

Direi una misura identitaria. Per la destra il nuovo quoziente familiare è una delle misure identitarie per favorire la famiglia con tanti figli. Il quoziente è una misura che favorisce le famiglie con le donne a casa che non lavorano. Noi abbiamo una visione opposta. Le donne devono poter lavorare. I dati mostrano che nei Paesi europei si fanno più figli dove le donne lavorano di più. Anche in Italia nascite e lavoro possono crescere insieme in presenza di politiche adeguate.

Le due piazze convocate. Una voluta dal Pd e l’altra dal 5 Stelle. 

Non esiste una sfida tra piazze. Esiste una destra che non dà le risposte che servono ai cittadini e che, anzi, penalizza quelli più fragili. L’opposizione deve essere capace di realizzare convergenze contro questa legge di bilancio e per fare proposte utili al Paese, a partire dai lavoratori – che vanno protetti dall’inflazione – con un taglio più robusto delle tasse sul lavoro e con l’introduzione del salario minimo. Per dire tutto questo, il Pd – non mi risultano altri – ha convocato una manifestazione il 17 dicembre a Roma.


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