Erano tanti o pochi i musulmani che, sabato scorso, hanno manifestato contro Daesh e il terrorismo islamista? Certo, un numero ridotto di persone se ci limitiamo a considerare cifre e percentuali (i musulmani in Italia sono circa 1,5 milioni): ma in realtà moltissime, se osserviamo i processi sociali e culturali che sottostanno a scelte sempre ardue, come quella di prendere posizione e dichiarare da quale parte si sta. Oggi un musulmano, anche in Italia, non gode di uno stato di piena libertà e di autonomia.
E’, infatti, profondamente condizionato da due sistemi di controllo che ne limitano i movimenti e ne rallentano l`emancipazione da una situazione di sudditanza psicologica e di disagio culturale, prima ancora che sociale.
Uno dei due sistemi di controllo è rappresentato dalla vischiosità delle comunità musulmane di appartenenza, dalle reti familiari e amicali e dalla forza intimidatrice di un certo numero di moschee e di Imam. Tutto ciò esercita un peso assai gravoso che ritarda la maturazione di opinioni e scelte indipendenti e che induce a una sorta di conformismo difensivo. A questo va aggiunto che esiste una diffusa presenza fondamentalista, minoritaria e tuttavia capace di esercitare una vera e propria minaccia e di ottenere connivenza, quando non assoggettamento.
Poi c`è un secondo sistema di controllo che passa attraverso una legislazione non inclusiva, e attraverso il condizionamento di un senso comune diffidente se non ostile. Quel controllo si esprime attraverso le regole sociali della maggioranza. La minoranza, in questo caso, è costituita dal musulmano medio, già sufficientemente integrato e partecipe dei valori dello stato democratico, ma costantemente sottoposto a pressione.
Ovvero, strattonato, spintonato e incalzato perché dichiari, infine, se sia favorevole o no alla poligamia, all`infibulazione delle bambine e, magari, all`uso delle cinture esplosive. Insomma, sottoposto a un test quotidiano di affidabilità e a una verifica assillante della sua non pericolosità.
Inevitabile che questo susciti imbarazzo e ritrosia e varie forme di reticenza. Si pensi all`esempio più delicato: per chi ha tutt`ora forti legami con la propria etnia e con la propria terra, può risultare estremamente difficile manifestare solidarietà con le vittime del terrorismo islamista in Europa senza ricordare le altre vitti- me, quelle che appartengono al proprio popolo e che hanno trovato la morte nei paesi che si è stati costretti ad abbandonare. Un`ipocrita equidistanza oppure un sentimento di condivisione di una condizione tragica? Ecco, se proviamo a tener conto di tutti questi fattori, il giudizio sulle manifestazioni di sabato è assai positivo. Un certo numero di musulmani è sceso in piazza e – dato fondamentale – numerose erano le donne e numerosissime le ragazze.
Non solo: la quantità di associazioni e comunità che hanno aderito alle manifestazioni è stata davvero imponente, rappresenta una rete fittissima di musulmani presenti in Italia e costituisce la premessa per processi di elaborazione collettiva destinati a svilupparsi ulteriormente.
Infine, il punto essenziale, quello da cui non si può prescindere: le parole dette sabato scorso sono state di assoluta limpidezza. Dunque, se volessimo trarre un bilancio, dovremmo dire che è stato fatto un primo e importantissimo passo. Certo, moltissimi altri devono essere ancora compiuti: ma senza questo preliminare atto, ora tutto sarebbe molto più complicato e lento. Quella di sabato resta, pertanto, una data estremamente significativa per i musulmani d`Italia e per la stessa società italiana, che ne dovrà fare tesoro. Per la verità, non sembra che questa consapevolezza sia così diffusa. Colpiva, infatti, in quelle piazze l`assenza pressoché totale della classe politica: sia di quella non pregiudizialmente ostile sia di quella che, quotidianamente, chiede ai musulmani di «prendere le distanze». Questa volta, i musulmani lo hanno fatto: forse non così in tanti come potevano e dovevano essere, forse con un ritardo che ancora va recuperato, e tuttavia lo hanno fatto. Peccato che la classe politica quella vecchia e quella nuova di zecca, con pochissime eccezioni – non era lì ad ascoltare.

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