Appena qualche giorno fa, il ministro dell`Interno Algelino Alfano, nel corso di una seduta della Camera, ha pronunciato parole assai importanti. Ha detto innanzitutto che «oggi la molla che porta in Europa migliaia e migliaia di disperati è la voglia di libertà». Quelli che sbarcano sulle nostre coste «sono all`80% esseri umani che fuggono dalle guerre, da conflitti etnici e religiosi e hanno diritto alla protezione umanitaria».
E davanti alle violente reazioni dei deputati leghisti, Alfano ha affermato «l’operazione Mare Nostrum ha salvato 19 mila vite umane e noi non baratteremo mai un punto percentuale alle elezioni con 19 mila morti. Se voi volete la sicurezza e volete i morti, sappiate che noi vogliamo la sicurezza e vogliamo i vivi».
 Questa volta, e succede assai di rado, sono incondizionatamente d`accordo col ministro dell`Interno. Anche perché solo un pregiudizio, rigido fino all`ottusità, può indurre al dissenso da quelle saggissime parole. Basti pensare che – secondo tutte le proiezioni demografiche – tra qualche decennio il continente africano ospiterà una popolazione destinata a superare di un miliardo circa la popolazione complessiva dei paesi europei. E si pensi ancora che negli ultimi anni il tasso di crescita demografico in Africa è stato sette volte superiore a quello dell`Italia. Siamo in presenza, dunque, di un movimento umano, effetto di enormi processi economici, ambientali e sociali, che non può essere certo bloccato da frontiere che si serrano, da muri che si alzano, da motovedette che solcano i mari. L`unica seria scelta politica sta nel riconoscere che tutto ciò è in atto (e da decenni) ed è destinato a continuare. Quindi, quel movimento umano va accolto, gestito e governato. Non, certo, con le fragili risorse di un piccolo paese come l`Italia, bensì con una politica di dimensioni perlomeno europee. E, infatti, sempre in quel suo discorso alla Camera Alfano ha parlato della necessità di istituire presidi dell`Unione europea nei paesi di transito per accogliere le ri- chieste di asilo e protezione umanitaria. E una buona idea, che esige una premessa. Nell`ultimo quarto di secolo, nel Mediterraneo sono morti ogni giorno mediamente 6-7 fuggiaschi che cercavano di raggiungere il continente europeo. Cifre crudeli, stimate per difetto da organizzazioni internazionali e associazioni per i diritti umani. Questa tragica evidenza porta alla consapevolezza che – come si è anticipato – non sono i pattugliamenti delle motovedette a rappresentare una soluzione efficace; né l`azione del nostro Governo per i salvataggi in mare può bastare a risolvere una questione complessa certamente, ma che necessita di essere affrontata subito e con un approccio completamente diverso rispetto al passato. Il prossimo avvio del semestre europeo a guida italiana può consentire di operare, c`è da augurarselo, d`intesa più stretta con l`Unione europea. Ci sono tutte le condizioni e tutte le risorse, e soprattutto tutte le urgenze, perché si arrivi ad attuare un piano di «ammissione umanitaria» basato su un dispositivo essenziale: se il principale attentato all`incolumità dei richiedenti asilo è rappresentato da quei viaggi illegali nel Mediterraneo, dobbiamo fare in modo che quel tragitto possa realizzarsi in condizioni di sicurezza. Si deve puntare sull`anticipazione delle procedure di richiesta e consentire a uomini, donne e bambini che cercano un`opportunità di vita nel nostro continente, di chiedere all`Italia e alle altre nazioni europee una misura di protezione temporanea già nei paesi di transito e in quelli dove si concentrano i flussi. Si tratta dunque di anticipare geograficamente il momento della formulazione della domanda di tutela e di ricorrere a un piano di reinsediamento – come già si fa per i profughi siriani – e di concessione della protezione: e ciò a partire da un territorio che precede quella maledetta traversata. Il piano dovrà prevedere la realizzazione di presidi dove si possa avviare la procedura di riconoscimento della protezione temporanea direttamente nei paesi della sponda sud del Mediterraneo, e quindi Tunisia, Egitto, Giordania, Libano, Algeria, Marocco e, se ve ne sono le condizioni, Libia. Procedura che deve attuarsi attraverso la rete delle ambasciate e dei consolati degli Stati Membri, con il coinvolgimento delle organizzazioni internazionali. Una volta riconosciuta la sussistenza delle condizioni per la protezione temporanea, l`Unione europea definirà le quote di accoglienza per ciascuno Stato membro. Un viaggio sicuro, dunque, dal presidio internazionale al paese di destinazione, quest`ultimo individuato anche considerando l`eventuale presenza di familiari, come previsto dal nuovo regolamento Dublino III. Alla semplicità del progetto qui esposto, fragilissimo come tutte le strategie ancora da realizzare, si affianca la consapevolezza della difficoltà di portarlo a termine. È chiaro che, per procedere in quella direzione, è innanzitutto necessario che l`intera Europa si faccia carico del problema, assumendo l`obiettivo prioritario di porre fine alla politica irresponsabile degli ultimi anni, che ha causato solo morte e ha potenziato il traffico di esseri umani. L`alternativa a tutto ciò è la torva utopia, già rivelatasi fallimentare, di un`Europa-fortezza che – immaginando così di difende confini e identità – finisce col deperire drammaticamente.

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