“Il regime in Siria si regge grazie a Russia, Iran e la milizia degli hezbollah, ma non è in grado di ripristinare il controllo su tutto il Paese perché significherebbe uccidere tutti i sunniti, ovvero l’80 per cento della popolazione”.
Così il senatore del Partito democratico Alessandro Maran in uno dei passaggi più significativi del suo intervento in replica all’informativa del ministro degli Esteri Angelino Alfano sulla Siria.
“Il nuovo presidente americano sta scoprendo quello che ogni populista prima o poi deve scoprire – ha sottolineato l’esponente pd analizzando l’episodio dell’attacco Usa contro una base aerea siriana – Se ci fossero soluzioni semplici sarebbero già state utilizzate.Trump ha avuto la sua prima lezione di politica estera pensando che potesse bastare mettere in campo qualche arsenale militare in più del suo predecessore, con un attacco missilistico sconsiderato che non rappresenta però una strategia, ma sembra più un atto politico. E proprio per questo dovremmo porci molte domande, specie se si considera che la politica estera di Trump appare estremamente mutevole”.
“Non si poteva, certo, pensare di lasciare che Assad continuasse a fare quello che sta facendo – ha continuato Maran – ma la soluzione migliore è forse quella di dividere la Siria, creare una zona protetta. Ciò dovrebbe almeno fermare le uccisioni e i flussi di rifugiati che stanno alimentando un contraccolpo nazionalista e populista in tutta Europa, ‘armi’ che la Russia utilizza per destabilizzare. In questo contesto spetta proprio all’Europa, che della crisi siriana è la prima a farne le spese, fare il possibile per rilanciare le trattative e procedere in questa direzione. E l’Italia può ritagliarsi uno spazio importante, per le sue tradizioni e la sua capacità di mediazione, anche con la Russia. Le occasioni per affermare il nostro ruolo non mancano, a partire dalla Presidenza del G7. Solo così l’intervento militare di Trump avrà avuto un senso” ha concluso l’esponente pd.