“Nel Pd non c’è nessuna deriva e non credo ci sia una correlazione tra la scelta di Carlo Cottarelli e quella di Enrico Borghi”. Il senatore Franco Mirabelli, in un’intervista ad Affaritaliani.it Milano, commenta le dimissioni di Cottarelli da parlamentare arrivate a pochi giorni di distanza dal passaggio di Borghi tra le fila di Italia Viva. L’economista, però, ha annunciato che non cambierà partito anche se ha ammesso di non sentirsi più a suo agio nel Pd di Elly Schlein. Il rischio è che adesso cominci davvero la diaspora dei riformisti. Scenario che però Mirabelli respinge al mittente: “Noi siamo già la casa dei riformisti. L’identità plurale del Pd non è messa in discussione”.
Mirabelli, allora perché Cottarelli ha lasciato?
Mi pare che le sue motivazioni non siano né prettamente politiche né legate all’esito del congresso del Pd. Ha scelto di dedicare il proprio tempo e la propria professionalità a un progetto che non è compatibile con la sua esperienza in Senato e quindi ha abbandonato il seggio. Piuttosto ci dovremmo interrogare su un’altra cosa.
Ossia?
Sul fatto che una personalità come Cottarelli, un uomo abituato ad affrontare i problemi nella loro piena concretezza, non trovi valorizzata la sua professionalità in un’Aula parlamentare dove gli stessi senatori riescono difficilmente a veder attenzionate le proprie proposte. C’è un tema di funzionamento del Parlamento che va affrontato.
Cottarelli però ha affermato di sentirsi a disagio su diversi temi adesso nel Pd.
Questo lo aveva detto anche prima. Cottarelli non ha mai aderito al Pd. Ha dato una mano al partito mantenendo sempre una propria autonomia. Lui stesso ha dichiarato che considera pienamente legittime e comprensibili le scelte fatte da Schlein.
Parlano di un partito spostato a sinistra.
Questo è sicuro ma non significa che non ci sia spazio per tutti i riformisti. Il Pd o è il partito in cui si incontrano le diverse culture del riformismo italiano o non è il Pd. Poi capisco che Matteo Renzi, Carlo Calenda o Antonio Tajani abbiano l’interesse a sfrugugliare su ogni singolo episodio. Però francamente non c’è una messa in discussione dell’identità plurale del Pd.
Quindi non vede nessuna diaspora all’orizzonte?
No e non vedo correlazioni tra le dimissioni di Cottarelli, che non appartiene a un ceto politico e ha fatto una scelta personale, e l’uscita di Borghi. Per il Pd è ancora più necessario dimostrare di essere oggi la casa di tutti i riformisti.