«Questo primo turno si è concluso secondo le migliori aspettative, ma sulla città di Caserta il PD ha ancora molto da lavorare. Va strutturato un partito che sappia assumersi la responsabilità delle proprie scelte e allargare il consenso, solo così possiamo risalire dall’11,4% registrato nel capoluogo. Serve tempo, ma quando sono arrivato le varie correnti nemmeno si parlavano tra loro». Il senatore Franco Mirabelli, commissario provinciale del PD a Caserta, analizza il voto come un chirurgo selezionando e separando le difficoltà di un partito in crisi di consensi dalle positività registrate nei sei Comuni al voto con più di 15mila abitanti.
Commissario che bilancio fa?
«Intanto non è finita. Dobbiamo vincere i ballottaggi dando il massimo. Sapevamo che c’era una classe dirigente del centrodestra ormai frammentata e indebolita per diverse ragioni, ma non era scontato che i nostri candidati nei grandi Comuni riuscissero a proporre un’alternativa credibile. Ce l’abbiamo fatta a partire dal capoluogo, dove Marino è in netto vantaggio, passando per Marcianise con la candidatura di Velardi, di rottura rispetto al passato, poi ad Aversa con Villano che segna la novità anche generazionale di un progetto che può andare lontano, a Sessa Aurunca con Sasso che ha la vittoria alla sua portata fino a Capua, dove abbiamo già vinto con Centore perché siamo stati capaci di guardare fuori da noi decidendo di sostenere la credibilità del generale».
Intanto il PD nel capoluogo è bloccato all’11,4% e altrove non se la passa meglio.
«C’è ancora molto da lavorare in città dopo il ballottaggio. Bisogna costruire un partito che non sia una sommatoria di correnti. Per me resta, ad esempio, forte anche il rammarico che non ci sia nemmeno una donna tra gli eletti; è un’altra questione che ci deve interrogare. Con il segretario cittadino Tresca dobbiamo impegnarci per un futuro diverso. Non bisogna più rappresentare solo una parte ma allargare, essere inclusivi. Siamo sulla strada giusta».
Eppure il voto disgiunto di PD e altri ha impedito la vittoria di Marino al primo turno. Come lo spiega?
«Non credo che gli 8 punti che separano Marino dalle sue liste siano attribuibili al PD, ma comunque non me lo spiego, spero che non ci sia la responsabilità del partito nel non chiudere al primo turno, sarebbe una cosa grave. Non ho elementi per dire altro».
A cosa è servito finora il commissariamento del PD?
«A decidere dove non si riusciva a farlo. Al mio insediamento ho trovato situazioni chiarissime, bastava superare le logiche autoreferenziali, darsi un obiettivo, quello di cambiare la classe dirigente di questa realtà e poi decidere. Il mio compito è stato questo e l’ho fatto su Marcianise, Aversa e Caserta dicendo sì alle primarie dopo aver ricomposto il quadro. Laddove non c’è stato accordo, come a Marcianise o a Villa Literno, mi sono assunto io la responsabilità della scelta».
Qual è stato il risultato più sorprendente?
«Quello di Marcianise per due ragioni: la vera sfida tra vecchio e nuovo era lì e abbiamo messo da parte le famiglie protagoniste di decenni di politica locale; e poi perché non era scontato che gran parte del PD avesse il coraggio di seguirci sulla strada tracciata. Invece, l’ha fatto. Vuol dire che abbiamo liberato le energie».
A Santa Maria Capua Vetere, invece, ha vinto Mirra che ha lasciato il PD perché non voleva candidarlo.
«Lì la domanda di cambiamento è stata interpretata da Mirra, anche se va riconosciuto il lavoro fatto da Pappadia e il contributo che ha dato ad una campagna elettorale civile. Non credo, però, che dobbiamo considerare Mirra alla stregua di un avversario politico, così come sono stati quelli del centrodestra. Anzi, spero che già sul referendum potremo lavorare insieme».
Qual è la chiave di volta per vincere ad Aversa?
«Marco Villano è il candidato più vicino alla gente, lo ha dimostrato. La sua passione, l’entusiasmo e il consenso ottenuto possono aprire una stagione straordinaria per Aversa. Villano è più libero del Presidente dell’Ordine degli Architetti, non c’è bisogno di altro per vincere».
E ora cosa accadrà?
«La parte difficile arriva adesso. Una volta vinti i ballottaggi, dobbiamo mantenere la promessa di cambiare tutto, perché se pensiamo di ricominciare con una gestione che non segna la differenza nel governo rispetto al passato, è evidente che falliremo. Questa è la vera sfida».


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