di Luigi Zanda
Il Senato la prossima settimana proseguirà l’esame del Jobs act, provvedimento di grande importanza per il mercato del lavoro su cui le senatrici e i senatori del Partito democratico hanno potuto discutere e continueranno a farlo, riuniti nella loro assemblea, con il ministro del lavoro Giuliano Poletti e il responsabile economia del Pd Filippo Taddei.
È da anni (troppi anni) che ci interroghiamo sulle regole del mercato del lavoro. E’ chiaro che, come nel resto d’Europa, la flessibilità nel lavoro si è imposta anche in Italia per rispondere alle nuove realtà del mondo produttivo ed economico. Contestualmente, però, contrariamente a quel che è avvenuto negli altri Paesi europei, non si è realizzata una rete di maggiore sicurezza e tutela per i lavoratori, per le persone costrette ad adeguarsi alla flessibilità, spesso diventata precarietà.

La proposta del Jobs act è importante: prevede un sistema universale di sicurezza e di aiuti effettivi attraverso l’individuazione di risorse per gli ammortizzatori sociali; estende le tutele a chi non ce le ha, compresi i lavoratori atipici; mira a ridurre le tipologie contrattuali a 3 o 4 al massimo.

In questo dibattito c’è anche la questione sull’articolo 18 che, voglio ricordarlo, è stato gia’ fortemente modificato dalla legge Fornero, che ha già ridotto l’ambito della reintegra.
Sono sicuro che anche su questo punto troveremo un’alta soluzione, capace di rilanciare il sistema produttivo italiano, di garantire diritti e tutele a chi li ha e, finalmente, anche a chi non li ha, come i giovani precari.
Ma, per raggiungere una buona soluzione, è utile, anzi, è necessario continuare a dibattere con franchezza e anche con vivacità, recuperando però i toni dovuti.