Molti ordinamenti occidentali lo prevedono già da tempo
Luigi Zingales giudica opaco il voto plurimo nelle società quotate introdotto dal decreto Competitiità, già approvato dal Senato e ora in discussione alla Camera (‘Il Sole 240re’, 1 agosto 2014). Di questo passo, teme l`economista, nessuno investirà più in Italia, un Paese dove il Governo favorisce sé stesso (il Tesoro potrebbe introdurre il voto maggiorato in Eni, Enel, eccetera) e il capitalismo di relazione (le fondazioni potrebbero rafforzare i propri diritti di voto nelle banche); in tal modo, conclude, si impedisce il salutare ricambio al vertice delle società quotate, e addio competitività.
Questa volta non sono d`accordo con Zingales. Del resto, so no stato io, assieme al presidente della Commissione Ambiente, Giuseppe Marinello, a presentare gli emendamenti per estendere il voto maggiorato alle già quotate e per introdurre una seconda soglia (il 25% accanto al 30%) oltre la quale scatta l`obbligo dell`Opa. La critica delle critiche di Zingales l`ha già svolta Alessandro Plateroti. Ma su alcune questioni è utile tornare.
Anzitutto, ricordo che molti ordinamenti societari occidentali prevedono il voto maggiorato e il voto plurimo da gran tempo. L`Italia arriva dopo. Far valere per legge il principio un`azione, un voto aveva un senso riformista quando si moltiplicavano le piramidi societarie puntellate dalle azioni di risparmio. Ma oggi? Sostenere un tale vincolo agitando il fantasma del capitalismo di relazione mi pare ormai funzionale più alla speculazione che alla meritocrazia. Le istruzioni di vigilanza precludono, di fatto, a banche e assicurazioni la detenzione di pacchetti azionari. Le convenienze borsistiche sconsigliano gli intrecci. Se poi insistiamo a parlare di relazioni, allora dobbiamo misurarci su tutte: le alleanze tra azionisti formalizzate dentro piramidi societarie (per esempio, in Camfin-Pirelli) e in patti di sindacato (Mediobanca) o senza patti ma con liste comuni (Generali, Intesa Sanpaolo, Unicredit); i favori incrociati tra manager e potere politico (Eni, Enel, Finmeccanica), tra manager e manager (le interlocking directorates, gli ex McKinsey, i cacciatori di teste asserviti ai committenti), le cordate accademiche (un certo giro bocconiano).
 La storia dovrà pur insegnare qualcosa. Fiat Industrial e Fiat hanno spostato la sede legale in Olanda, dove hanno adottato il voto maggiorato, senza che nessuno abbia proferito verbo. Anzi, un economista prestigioso come Guido Tabellini approvò da consigliere di Fiat Industrial quell`operazione. E grazie a una triangolazione delle quotazioni tra le Borse di Milano, New York e Amsterdam, Exor aggirò pure l`obbligo dell`Opa.
Il Governo aveva limitato la possibilità del voto maggiorato alle società minori. Il Senato ha dato questa possibilità non certo un obbligo – a tutte, grandi e piccole, pubbliche e private, affinché ciascuna possa decidere se favorire la stabilità necessaria ai progetti industriali di lunga lena, adottandolo, ovvero la mobilità del controllo a beneficio immediato degli azionisti, non adottandolo. Già, ma di quali azionisti stiamo parlando? L`introduzione della seconda soglia dell`Opa obbligatoria estende a tutti i soci i vantaggi del cambio del controllo finora sequestrati dai soliti noti. Meglio del 25% sarebbe stato il 15 o il 20%, ma la politica è l`arte del possibile.
 Quanto al ricambio, assicurato dalle scalate ostili, esso è salutare o dannoso a seconda dei casi. Zingales sembra dimenticare i casi di Telecom Italia e di Abn Muro nei quali le scalate ostili hanno arricchito i soci e depauperato le aziende. D`altra parte, non ci furono folle di cirenei pronti a scalare Fiat nel 2002. L`Opa ostile come igiene del mondo è un sogno futurista senza futuro.
Certo, la maggiorazione del voto potrà essere deliberata per un breve periodo con la maggioranza semplice. Dico la verità: se in assemblea potessero votare solo quanti detengono le azioni, non avrei proposto questa temporanea eccezione alla regola dei due terzi. Ma da quando i fondipossono votare anche se hanno venduto nei giorni precedenti l`assemblea, serve un riequilibrio tra le posizioni di chi è disposto a correre il rischio di un investimento stabile e chi si vuol tenere le mani libere. D`altro canto, il premio ai tenaci in questo caso è inferiore a quello delle bonus share, posto che il voto maggiorato decade alla vendita delle azioni e non fa lucrare dividendi aggiuntivi.

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