Senatore Massimo Mucchetti, lei cosa fa: se ne va o resta nel Pd?
«Resto nel gruppo parlamentare del Pd al Senato ma non considero i colleghi in uscita dei “compagni che sbagliano” come si usava dire degli estremisti di sinistra negli anni Settanta».
Perché questa scelta?
«Perché ritengo che i militanti e l`elettorato del Pd siano indispensabili al centro sinistra per poter ambire al governo del Paese. Il movimento dei Democratici progressisti offre una casa a chi non ha creduto, o ha cessato di credere, in Renzi, ma in questa fase non mi pare in grado di rappresentare per intero quel mondo che vorrebbe riformare il Pd più che lasciarlo. Ritengo quindi, prima di tutto da elettore, anche se non iscritto, che il Pd vada salvato dal suo segretario che, di questo passo, lo porterà al disastro».
L`affermazione è forte…
« Raghuram Rajan e Luigi Zingales scrissero un libro intitolato “Salvare il capitalismo dai capitalisti”. Entrambi sono economisti di Chicago, non comunisti, il primo è stato anche governatore della Bank of India, l`altro scrive sul “24 Ore”. Ancor prima, nel mio piccolo, pubblicai “Licenziare i padroni”. Ora, si potrà ben salvare un partito dal suo segretario, se questo non funziona più».
Ma lei che colpe politiche imputa al Renzi segretario del Pd?
«Due in particolare. La prima è di avere ridotto il partito a cinghia di trasmissione della propaganda governativa, anziché a luogo di elaborazione di nuove soluzioni in un mondo dove, per la prima volta da due secoli, l`evoluzione della tecnologia distrugge posti di lavoro e dequalifica gran parte dei rimanenti anche nei Paesi occidentali a piena occupazione».
E la seconda colpa?
«Aver ritenuto che le riforme istituzionali potessero sostituire il pensiero strategico che manca, concentrando il potere nelle mani del leader. Renzi è stato accecato dalla sua Hybris. Ha ceduto all`arroganza di intestare a se stesso e al Pd un referendum sulla riforma costituzionale che sarebbe stato prudente lasciare all`opposizione, anziché illudersi di vincere una seconda volta nelle urne una partita già vinta in Parlamento».
Le opposizioni l`avrebbero chiesto comunque, il referendum.
«Ma un referendum chiesto dalle opposizioni sarebbe rimasto ancorato al tema e non si sarebbe trasformato in un plebiscito sul governo, sul suo capo e sul Pd».
Lei non ha fatto sconti neppure al Renzi presidente del Consiglio. Cosa gli imputa?
«In tre anni il governo è stato incapace di far crescere in maniera sensibile l`economia italiana e di ridurre il debito pubblico approfittando dei tassi di interesse tenuti bassi dalla Banca europea e non certo dal miglioramento del merito di credito della Repubblica Italiana. Adesso i tassi stanno ripartendo: avremo problemi. Ma non è tutto».
Cos`altro imputa al Renzi-premier?
«La sudditanza psicologica e culturale verso il potere economico».
Veramente Renzi si vantava di essere contro i «salotti buoni».
«L`espressione “salotto buono” appartiene a una retorica giornalistica vecchia che non ho mai amato praticare. A Brescia potevano essere i consigli del Cab e della banca San Paolo. A Milano, quello di Mediobanca. Venti, trent`anni fa. Ma oggi dove stanno, `sti salotti? Andiamo al sodo: quando esalti il capo di Intesa Sanpaolo, Marchionne e la Fiat che va in Olanda, quando porti alla Cassa depositi e prestiti un ex Goldman Sachs, quando ti fai organizzare dal finanziere milanese Francesco Micheli una cena di fund raising per il referendum da 30.000 euro a testa, mi pare che sei tu a stare nei “salotti buoni” attuali con tutte e due le scarpe. Quando poi su Mps ti affidi a Jp Morgan senza capire che la banca americana sta facendo gli interessi suoi e non del Monte e del Paese, vuol dire che ci stai dentro da parvenu senza nemmeno capire come in quei “salotti” si gioca. Risultato: salvare il Monte costerà al contribuente 3-4 miliardi in più».
Lei è stato critico anche a proposito dell`atteggiamento del governo verso i colossi informatici.
«Da anni propongo invano emendamenti alla legge di bilancio per sottoporre a tassazione i profitti che gli Over the Top come Google, Facebook, Amazon, Apple estraggono dall`Italia fatturando dall`Irlanda o dal Lussemburgo. Il governo Renzi, che nomina commissario per il digitale un manager di Amazon in aspettativa per due anni, si è sempre opposto sostenendo che misure del genere le possono prendere solo l`Unione europea e 1`Ocse. Ma non è vero: il governo conservatore del Regno Unito ha varato la diverted profit tax».
Niente sconti all`azione di governo neppure sul Jobs act?
«Non è rendendo più facile il licenziamento nelle fasi di ristagno dell`economia che si creano posti di lavoro in più. Le nuove assunzioni di questi ultimi due anni derivano essenzialmente dai sussidi e dalla decontribuzione temporanea accordata dal governo alle imprese. Al calo delle decontribuzioni ha corrisposto un calo ancora più marcato delle nuove assunzioni a tempo indeterminato».
Ritornare all`articolo 18?
«La soluzione sta non tanto nel ritorno all`articolo 18 ma in una nuova politica di investimenti e nella detassazione degli utili reinvestiti».
Vicenda congressuale del Pd: non è una pretesa eccessiva quella degli scissionisti secondo cui Renzi non dovrebbe ricandidarsi a
segretario?
«Nessuno nega a Renzi il diritto di ricandidarsi, ma un leader responsabile dovrebbe capire quando la sua presenza genera troppe difficoltà. Veltroni si dimise quando capì che la sua permanenza al vertice del Pd avrebbe creato problemi, e non si ricandidò il giorno dopo».
Insomma Renzi doveva fare un passo indietro?
«Al Pd serve un po` di generosità. I cimiteri sono pieni di persone che si ritenevano indispensabili».
Lei prevede che la vicenda giudiziaria della Consip lo indebolirà ulteriormente?
«Mi auguro che il congresso e le primarie del Pd si possano svolgere senza la spada di Damode di questa inchiesta. Auspico quindi che la magistratura possa essere rapida nel suo lavoro. Ricordo tuttavia che Renzi, neo segretario del Pd impegnato a insidiare il governo Letta, costrinse alle dimissioni l`allora ministro degli Interni Cancellieri, che i bresciani ricordano come un gran bravo prefetto, per aver fatto una mera telefonata di cortesia alla signora Ligresti, sua vicina di casa. Al segretario del Pd dico che non si può essere garantisti e forcaioli a seconda delle convenienze».
Le primarie a questo punto dovrebbero slittare? E lei per chi voterà?
«Il tema della data delle primarie non mi appassiona. Io voterò per Andrea Orlando perché può riunificare il Pd e il Pd con Mdp. Orlando, fra l`altro, distingue saggiamente la funzione di segretario di partito da quella di presidente del consiglio. Non vuole tutto per se`».
I suoi avversari la accusano di restare nel Pd per non perdere la presidenza della commissione Industria del Senato.
«Maldicenza disinformata. La presidenza di una commissione parlamentare è una carica istituzionale che viene conferita all`avvio di legislatura e rinnovata a metà legislatura. A un anno dal termine non può essere rimessa in discussione. Il presidente della Commissione Industria della Camera, Epifani, è andato con Mdp ed è ancora tranquillamente al suo posto».
Le vengono attribuite simpatie per Pisapia. Conferma?
«Penso che il centro sinistra abbia bisogno di un federatore un po` super partes. Tra quanti finora sono emersi mi pare che il più credibile sia Giuliano Pisapia: da sindaco di Milano ha dimostrato che esiste una sinistra civica di governo. Penso di sostenerlo restando nel Pd».
Quindi si ricandiderà?
«Sostengo Pisapia adesso. Chiedere un seggio è un`altra cosa. Non sarei capace di fare campagne elettorali personali. Vede, non mi sono candidato nemmeno nel 2013. Allora accettai l`invito di Pierluigi Bersani, segretario del Pd, a lasciare il giornalismo per dare una mano nell`azione parlamentare e di governo. Cinque anni di servizio civile possono bastare. Specialmente dopo aver visto come la politica prevalente tratta le competenze».