Sezioni specializzate presso i tribunali ordinari, eliminazione di un grado di giudizio nei ricorsi contro il no all’asilo, superamento dei vecchi Cie, possibilità di lavoro volontario e gratuito per i richiedenti asilo. Sono i punti chiave del ‘decreto Minniti’ sui migranti, il numero 13 del 17 febbraio scorso, approvato oggi dal Senato dopo le modifiche e le integrazioni delle Commissioni di merito.
Ecco le principali norme:
26 SEZIONI SPECIALIZZATE – Vengono istituite sezioni specializzate “in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea”: sono 26, tante quante le sedi di Corte d’appello, al posto delle 14 previste nel decreto legge originario. Le sezioni sono competenti in materia di mancato riconoscimento del diritto di soggiorno sul territorio nazionale in favore di cittadini Ue; impugnazione del provvedimento di allontanamento nei confronti di cittadini Ue per motivi di pubblica sicurezza; riconoscimento della protezione internazionale; mancato rilascio, rinnovo o revoca del permesso di soggiorno per motivi umanitari; diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari; accertamento dello stato di apolidia e (novità degli emendamenti) accertamento dello stato di cittadinanza italiana. I giudici che compongono le sezioni specializzate sono scelti tra quelli “dotati di specifiche competenze” o che seguiranno corsi di formazione ad hoc. La trattazione è monocratica, la decisione collegiale.
‘CANCELLATO’ UN GRADO DI GIUDIZIO – Il decreto introduce misure per la semplificazione e l’efficienza delle procedure davanti alle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale e, soprattutto, per la semplificazione e l’efficienza dei procedimenti giudiziari di riconoscimento dello status di persona internazionalmente protetta. Di fatto, viene disegnato un nuovo modello processuale basato sul cosiddetto “rito camerale” che delimita i casi nei quali si prevede l’udienza orale – ma il ricorrente conserva la possibilità di presentare “istanza motivata” di essere ascoltato dal giudice – e riduce da 6 a 4 mesi il termine entro il quale è definito il procedimento “con decreto che rigetta il ricorso” o “riconosce lo status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria”. Salta l’appello, il decreto è ricorribile esclusivamente in Cassazione, entro 30 giorni.
Per mettere la Commissione nazionale per il diritto di asilo e le Commissioni territoriali in condizioni di far fronte al boom di domande, il ministero dell’Interno è autorizzato, per il biennio 2017-2018, a bandire procedure concorsuali e ad assumere fino a 250 unità di personale a tempo indeterminato, altamente qualificato, “per l’esercizio di funzioni di carattere specialistico”.
TEMPI DI NOTIFICA DEGLI ATTI – Riformulate le disposizioni in materia di notificazioni degli atti delle Commissioni territoriali: nei confronti degli “irreperibili” le notifiche si perfezioneranno solo previo deposito, per 20 giorni, presso le questure. Più in generale, le disposizioni in tema, ritenute eccessivamente complesse, sono state semplificate,. Previsto anche che il richiedente possa fare richiesta di non avvalersi della videoregistrazione del colloquio.
BASTA CIE, NASCONO I CPR – Scompaiono i Cie. La denominazione “Centro di identificazione ed espulsione” è sostituita da quella di “Centro di permanenza per il rimpatrio”. La rete delle nuove strutture dovrà essere ampliata, in modo da assicurarne la distribuzione “sull’intero territorio nazionale”. I nuovi Cpr dovranno essere allestiti nei siti e nelle aree esterne ai centri urbani “che risultino più facilmente raggiungibili”, dovranno essere di capienza limitata (100-150 posti al massimo) e dovranno garantire “condizioni di trattenimento che assicurino l’assoluto rispetto della dignità della persona”. Al Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale vengono riconosciuti “tutti i poteri di verifica e di accesso”.
LAVORI SOCIALMENTE UTILI – I prefetti, d’intesa con i Comuni interessati, promuovono “ogni iniziativa utile all’implementazione dell’impiego di richiedenti protezione internazionale, su base volontaria, in attività di utilità sociale in favore delle collettività locali”. Possibile la predisposizione di progetti ad hoc, anche in collaborazione con le organizzazioni del terzo settore, progetti “da finanziare con risorse europee destinate al settore dell’immigrazione e dell’asilo”.
I ‘PUNTI DI CRISI’ – Lo straniero che arriva illegalmente in Italia viene condotto “per le esigenze di soccorso e di prima assistenza” presso appositi ‘punti di crisi'”: qui avvengono le operazioni di rilevamento foto dattiloscopico e segnaletico. Il “rifiuto reiterato” di sottoporsi al rilevamento configura “rischio di fuga” ai fini del trattenimento nei centri.