Il Pd rimane l’unico vero partito in Italia.
Con una larga base di iscritti, sezioni su tutto il territorio nazionale, e milioni di militanti che eleggono democraticamente il loro Segretario, è l’unica forza politica pienamente democratica.
Anche quando a volte le nostre procedure ci espongono a contraddizioni e conflittualità intestine, resta granitico il principio della scalabilità democratica del nostro partito.
In un panorama politico di “non-partiti”, il Pd è quindi un bene da difendere nell’interesse di tutta la democrazia italiana e segnatamente del centro sinistra.
Un bene da rinnovare profondamente, nella linea politica, nei suoi quadri dirigenti, nel suo insediamento e nella sua vision.
Ma un bene da difendere.
Dividere il Pd è un suicidio.
Tutte le persone di buon senso che fanno parte del nostro partito dovrebbero proteggere questo bene da chi può essere tentato dalla fuga verso due sirene entrambe fallaci. Da una parte l’appoggio a un governo a guida 5 Stelle, e dall’altra parte l’opzione neoliberale moderata.
Va mantenuta una posizione di chiarezza rispetto all’esito elettorale e va mantenuta una posizione di chiarezza sulla cornice valoriale e sulla collocazione internazionale del PD.
I due mezzi vincitori – il Movimento 5 Stelle e la Lega – si assumano la responsabilità di formare un Governo.
Noi non staremo con le mani in mano, su un mero Aventino. Da una posizione di minoranza, metteremo in campo proposte concrete che riguardano il welfare, il lavoro, soprattutto per giovani e donne, l’istruzione, l’Europa, il Mezzogiorno.
Non possiamo che respingere l’idea offensiva di chi è pronto a mercanteggiare, contrattando indifferentemente con il PD o con la Lega.
Il PD e la Lega sono forze diverse, agli antipodi. Come si fa a pensare che sia uguale governare con gli uni o con gli altri?
Sia piuttosto Di Maio a chiarire chi sono loro. Sono quelli dell’uscita dell’euro? Sono quelli alleati di Farage, fautore della Brexit? Sono quelli de “il PD è il male dell’Italia” o viceversa de “il PD è il nostro primo interlocutore”? Sono quelli che, da un giorno all’altro, fanno i salti mortali per entrare nel gruppo europeista oltranzista di Verhofstadt o quelli che un istante dopo chiedono di allearsi con i Verdi?
Tutto e niente.
La posizione del Pd è chiara.
L’Europa per noi rimane una priorità. Dobbiamo proseguire il percorso portato avanti in questi anni, rafforzare l’integrazione europea, migliorare la governance economica e finanziaria, creare un Ministro del Tesoro europeo, istituire una tassa per i giganti del web, continuare con le politiche di coesione e migliorare la difesa comune.
E soprattutto chiedere che si approfondisca l’Europa politica e sociale.
E chiederlo dai banchi della famiglia socialista in cui il PD ha fatto molto bene, quattro anni fa, a entrare.
Ora deve rafforzare all’interno di questa famiglia la spinta al rinnovamento aprendo il Partito Socialista Europeo a un confronto con le forze ambientaliste, con i liberaldemocratici, con i movimenti anti-austerità e quelli per i diritti civili.
Un’interlocuzione feconda, aperta e utile.
E coraggiosa.
Con coraggio, portiamo avanti le nostre battaglie e indiciamo le primarie per la scelta di un candidato comune per la presidenza della Commissione.
Per un Pse più forte in Europa e per un’Europa più prospera e soprattutto più giusta.


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