Senatore Pittella, lei è stato un importante rappresentante italiano a Bruxelles ricoprendo vari incarichi tra i quali: capogruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D) al Parlamento Europeo e vice Vicepresidente vicario sempre del Parlamento europeo. Secondo lei, anche alla luce della crisi che stiamo vivendo, le istituzioni comunitarie hanno agito tempestivamente? Quali le differenze con la crisi del 2008?

Rispetto alla crisi del 2008, le istituzioni europee si sono mosse speditamente, dimenticando la stagione dell’austerità e ascoltando i problemi dei paesi più colpiti dalla crisi sanitaria, Italia inclusa. Nel 2008 è prevalso un atteggiamento di controllo delle finanze pubbliche, con l’istituzione di stringenti regole fiscali e la priorità del risanamento delle finanze pubbliche. Oggi le regole sono state temporaneamente disattivate e si punta agli investimenti per migliorare le condizioni strutturali degli stati e creare nuovi posti di lavoro.

Un tema sul quale si dibatte è il MES per la sanità. Qual è la sua posizione?

Sul MES si deve discutere delle cose concrete e prendere i fondi il prima possibile. Non ci sono né stigma, né condizionalità, né monitoraggio. Il governo deve presentare un piano con le seguenti priorità:

– rafforzare la sanità territoriale, per prevenire assembramenti nei punti nevralgici della sanità;

– creare nuove strutture covid, per prevenire contagi con i pazienti di altre malattie;

– potenziare la telemedicina, l’assistenza domiciliare e la rete dei medici di base, sempre in ottica di riduzione dei contatti;

– rafforzare il supporto psicologico;

– valutare l’impiego del MES per aumentare la capacità del trasporto pubblico locale, considerando che questo potrà avere un effetto positivo sulla prevenzione di nuovi contagi.

Il recovery fund è un’opportunità per il Paese. Quali saranno le priorità per il governo?

Sono sicuramente la la digitalizzazione e l’innovazione tecnologica, la rivoluzione verde e transizione ecologica, la competitività del sistema produttivo, le infrastrutture, l’istruzione, formazione e ricerca, equità e inclusione sociale e territoriale, e naturalmente salute. Dietro questi temi si nascondono progetti concreti, condivisi con il parlamento, che mettono al centro la coesione del Sud e delle isole con il resto dell’Italia, la digitalizzazione e la velocizzazione della burocrazia. Queste priorità sono state condivise dal parlamento, e si tratta di una grande occasione per tutto il paese.

Da un po’ di anni sull’Europa soffia una tempesta di antieuropeismo. Qual è stato l’errore più grande commesso in questi anni dall’Unione Europea?

L’antieuropeismo ultimamente è calato molto, soprattutto in Italia, perché ci si rende conto che l’Europa è indispensabile. Un errore tragico dell’Europa è stato quello di mettere la salute dei conti pubblici prima della legittimazione democratica. Una volta risolta la crisi sanitaria, l’Europa dovrà riformarsi per coinvolgere maggiormente il popolo nelle sue decisioni.

Quanto ha perso la Gran Bretagna uscendo dall’Europa?

La Gran Bretagna ha perso non soltanto una posizione economica, uscendo dal mercato unico più grande del mondo e vedendo la sterlina indebolirsi rispetto all’euro, ma anche una posizione politica. Si è infatti autoesclusa dal progetto politico più importante della storia contemporanea, che ha garantito pace e prosperità negli ultimi 70 anni e continuerà a essere tale in futuro.

Lei ritiene che i partiti populisti riusciranno a mettere in pericolo il progetto di un’Europa comune?

I partiti populisti si stanno rendendo conto che senza Europa non contiamo nulla. Per questo sia i 5 Stelle che la Lega stanno facendo di tutto per entrare nelle famiglie politiche europeiste a Bruxelles, tradendo le tradizionali pulsioni euroscettiche. Ma la sfida oggi non è stare dentro o fuori dall’Europa, ma come cambiarla per renderla sempre più democratica e vicina ai cittadini. Su questo punto il PD si batte da sempre, la Lega e gli altri partiti hanno sempre mostrato ambiguità.


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