Siamo a 60 giorni dalle elezioni e lo scacco del sistema politico appare in tutta la sua tragicità: un tripolarismo radicale che di fatto rende impraticabile la via di un compromesso sostenibile, cioè senza l’abdicazione o l’umiliazione di un contraente.
Non è onesto non riconoscere che questo scacco era ampiamente annunciato dalla vittoria del No al referendum del 4 dicembre 2016 e Renzi ha ragione a ricordarlo.
Non commenterò per carità di patria lo spettacolo avvilente dell’infantilismo inconcludente esibito dai gruppi politici emergenti.
I sedicenti “vincitori” delle elezioni, in primis Sua Maestà Luigi Di Maio, sono finiti spiaggiati, lasciando sul terreno gran parte della loro presunta “verginità”. Clamoroso il fallimento della sua strategia dei “due forni” e della loro spregiudicata intercambiabilità.
Ma lo scacco irresolubile del sistema politico rende difficile anche la posizione di chi, come il Pd, ha apertamente ammesso la propria sconfitta e ha giustamente invocato di poter autonomamente rielaborare la propria politica fuori dalla pressione delle responsabilità di governo.
E sono almeno due le ragioni che non ci consentono di essere “lasciati in pace”:
1) il tentativo di M5S e Lega di accreditare la morte delle categorie politiche di destra e sinistra, per legittimare in tal modo il peggiore pragmatismo qualunquista.
2) l’incombere fatale di uno scioglimento immediato del parlamento e di nuove elezioni all’insegna di un “ballottaggio” che non ci coinvolge.
Io penso che, pur con approcci e accentuazioni diverse, il Pd si sia sottratto fino a oggi al rischio della abdicazione e della umiliazione. Ma le ragioni sopra richiamate impongono che la nostra riflessione non resti prigioniera delle logiche tattiche di queste settimane, ossia del posizionamento più o meno abile rispetto alle dinamiche delle altre forze politiche, ma investa direttamente e lucidamente la prospettiva lungo la quale immaginare il rilancio della nostra azione politica e innanzitutto la nostra funzione.
L’apertura di un tavolo per la riscrittura delle regole che porti a un sistema politico e istituzionale moderno è una idea importante su cui chi vuole bene alla Italia non può sottrarsi preferendo la continuazione inefficace della campagna elettorale.
Con il collega Tommaso Cerno, primo firmatario, abbiamo presentato un disegno di legge per realizzare in Italia un sistema semipresidenziale a doppio turno che può essere uno dei mattoni della riforma che interessa chi vuole una Italia che funzioni e una politica che innova.
Si apra dunque un confronto su questo con tutti.
Non dobbiamo avere paura né fretta. Ma dobbiamo essere consapevoli del tracciato che intendiamo seguire per tornare al posto che ci compete all’interno del sistema democratico.
Siamo e vogliamo continuare a essere la sinistra riformista italiana, il cuore dello schieramento di centrosinistra, per quanto infelice possa apparire la sua stagione attuale. Siamo e vogliamo essere una componente fondamentale del socialismo progressista europeo, che oggi vive un momento di acuta difficoltà in tutto il continente, ma che resta uno dei pilastri della civiltà democratica occidentale.
Natura e destino, insegnava Norberto Bobbio, sono indissolubilmente legati in politica. Approfondiamo la nostra natura e seguiamola: incontreremo il nostro destino.


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