Il 2016 sarà l’anno dei diritti, questo è l’impegno che ci siamo assunti, assieme ai colleghi senatori della maggioranza. A partire dalla vigilia di Natale e a proseguire con la riapertura dei lavori chiederemo quotidianamente la calendarizzazione delle leggi sui diritti, indispensabili per un Paese civile, fino alla loro discussione e approvazione. Non si parla solo di unioni civili, ma anche di ius soli, testamento biologico e fine vita. Il paese ha aspettato troppo tempo per non «turbare» una certa, sempre più risicata, opinione pubblica, iper-rappresentata sui media, ma in realtà largamente minoritaria nella popolazione. Da tempo sono iniziate le prime levate di scudi, colpi di coda di un arcaico, superato, modo di pensare. Si può immaginare la piazza come luogo per bloccare queste leggi? Io credo che anche lì, nelle piazze oltreché nelle sedi deputate, proprio lì si avrà quel fiorire di dibattiti che tanta forza hanno dato all’Italia negli anni ’80, allorquando si è usciti da ipocrisie e perbenismi di facciata per scegliere la tutela della dignità della persona umana, della verità alla luce del sole e della capacità di crescita di un intero popolo, avviato verso la comprensione delle ragioni di tutti. In fin dei conti altro non si tratta che riconoscere il diritto alla felicità e alla serenità di chi è omosessuale o di chi è nato e vissuto a pieno titolo in questo paese, pur avendo genitori che vengono da lontano. Si tratta inoltre di riconoscere il diritto alla dignità nella morte, di potercene andare in pace senza penose agonie o sofferenze quando il fisico o la mente ci abbandonano. Parlia¬moci chiaro, chi queste leggi le vuole, potrebbe non volerle mai applicare a se medesimo, come avvenuto per divorzio ed aborto. Ma sono e restano un’opportunità, un diritto nel momento in cui si appartiene a quella condizione che altri¬menti viene negata o, per i più danarosi, può essere procurata altrove, fuori dai confini italici. Queste leggi, infatti, non creeranno situazioni che già non esistano, ma riconosceranno quelle che esistono già. In Italia esistono già migliaia di coppie omosessuali, che frequentemente hanno dei figli e questi, i minori, vanno sempre garan¬titi; ci sono decine di migliaia di ragazzi con nomi non autoctoni che si esprimono in corretto italiano, anzi conoscono il dialetto meglio di noi, vivono e studiano con i nostri figli, hanno gli stessi sogni e ambizioni ma un handicap in più, non da poco, non sono cittadini italiani. Esistono appelli quotidiani sul fine-vita: #iotosto-conMax è uno di questi. Il coraggio di affrontare anche temi spinosi a questo Parlamento non è mancato in questi ultimi due anni, ed è questa la via, l’unica via per riconoscere stabilmente diritti divenuti fondamentali per la vita delle persone.


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