Senatrice Rossomando, responsabile Giustizia del Pd, il suo partito non ha firmato nessuno dei referendum dichiarati ammissibili dalla Consulta. Perché? Siete contrari?

“Abbiamo sempre detto che il luogo delle riforme è il Parlamento e le riforme il Parlamento le sta facendo. Abbiamo già approvato la riforma del processo penale e la riforma del processo civile e a giorni approveremo la riforma del Csm. Molti degli argomenti toccati dai referendum trovano risposte in queste riforme. Risposte avanzate e innovative. Ad esempio la riforma elettorale del Csm con norme molto incisive sul suo funzionamento per contrastare le degenerazioni del correntismo, diritto di voto agli avvocati nei consigli giudiziari e ulteriori limitazioni nel passaggio dalla funzione requirente alla funzione giudicante”.

Tre dei quesiti impattano sulla riforma dell’ordinamento giudiziario proposta dalla ministra Cartabia, ora all’esame del Parlamento. Non c’’è il rischio di un cortocircuito?

“Non lo vedo. È responsabilità delle Camere proseguire nella discussione e nella approvazione delle norme”.

Se quindi la riforma fosse approvata prima della celebrazione dei referendum, i quesiti cadrebbero? È ciò a cui mirate?

“Noi rispettiamo lo strumento referendario, ma naturalmente non è escluso che i quesiti vengano assorbiti o superati dal complesso delle riforme approvate. Da parlamentare eletta sento tutta la responsabilità di scrivere delle buone leggi”.

Questa decisione della Consulta non consegna a Lega e Fi un’arma formidabile per stravolgere l’accordo trovato in Cdm sulla riforma del Csm?

“Abbiamo sempre auspicato che non si utilizzassero impropriamente i referendum per affossare l’iter delle riforme o per fare campagna elettorale. È un rischio che noi non vogliamo correre e che il Paese non può permettersi. Non voglio neanche pensare che pezzi della maggioranza vogliano mettere in discussione una sintesi su un impianto approvato all’unanimità in Consiglio dei ministri dopo un ampio confronto”.

E invece sull’abrogazione della legge Severino, sollecitata anche dai sindaci del Pd, vi esprimerete a favore?

“Il quesito referendario abrogherebbe tutta la legge Severino in tema di incandidabilità consentendo ad esempio anche ai condannati per reati di mafia con sentenza irrevocabile di candidarsi ed essere eletti. Il Pd ha presentato e chiesto già la calendarizzazione in Senato di un disegno di legge per eliminare la sospensione automatica per gli amministratori in caso di sentenze non definitive escludendo sempre e comunque reati di grave allarme sociale”.

L’ex pm Nello Rossi denuncia che, se il referendum sulle misure cautelari passasse, bancarottieri di professione e truffatori seriali resterebbero liberi fino a condanna definitiva. È così?

“Il quesito essendo abrogativo rischia di creare un vuoto senza soluzioni. A differenza di altri che hanno iniziato questa legislatura affrontando il tema del carcere all’insegna del “marcire in galera e buttare via la chiavi” il Pd ha sempre lavorato intendendo il carcere come extrema ratio in un sistema di garanzie a tutela dai possibili abusi. E continueremo a farlo”.

E su Eutanasia e Cannabis che invece sono stati bocciati dalla Corte?

“Si tratta di temi sensibili su cui è necessario che il Parlamento, indipendentemente dallo stop ai referendum, deve proseguire la discussione. Mi auguro che la volontà di completare il percorso sia condivisa da tutti”.


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