“Il motivo della sfida di Orlando non è contro Renzi ma per il Pd. L’impostazione di Renzi porta a sfidare la destra e i plebiscitari con uno stile ed una politica che rischia di confondersi con la loro”.
E’ quanto afferma il senatore orlandiano del Partito democratico Gian Carlo Sangalli.
“I contenuti del Pd divengono anonimi e privi di identità propria – sottolinea l’esponente democratico- La vitalità del leader offusca i motivi della sua stessa leadership e, come si è visto ciò non rappresenta un vantaggio nemmeno per lui. Si passa di sconfitta in rivincita che diventa di nuovo sconfitta accentuando un solipsismo esasperato che invece che allargare restringe il campo di riferimento, sia sociale che politico. 
Il governo dovrebbe essere lo strumento per raggiungere gli obiettivi, non l’ Obiettivo. Inoltre tutto si riduce a distacco dalle ragioni del Pd, che nasce per allargare e includere, non per affermare  se stesso come sistema autoreferenziale e quindi sistema di potere. A qualunque costo. C’è qualcosa di patologico in tutto ciò – euforia, depressione, di nuovo euforia, di nuovo depressione – che è tipica in politica di chi privilegia ” le ragioni della politica alla politica delle ragioni ”. Così si travolge il senso della democrazia e si esonda nel’ attacco alle Istituzioni, poltrone da abbattere, mentre gli altri sono solo palude e rottami del passato. Se non si pone un argine rischiamo grosso, perché il vero pericolo non è, solo, perdere le elezioni ma non avere più valori credibili per fare nemmeno opposizione. Per me sono queste le ragioni per cui è necessaria una affermazione di Orlando, che sia la vittoria o un risultato condizionante .
Tra esse anche quelle di tenere assieme il Pd in un lungimirante cammino di crescita e innovazione della società italiana ed europea.
La prima prova deve essere quella della legge elettorale, che coniughi rappresentanza e governabilità. Ed insieme quella del battersi perché innovazione e lavoro, diritti e cittadinanza, libertà civili e democrazia economica,  stiano assieme nella necessaria complessità di una società articolata come la nostra”. 
“Renzi deve tornare in sé – conclude Sangalli – cioè comprendere che è parte di un tutto e non il tutto. Un tutto che da senso anche al suo essere parte”.


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