Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, penso che la disciplina sulle unioni civili debba essere approvata, dopo molti anni di attesa, come richiesto esplicitamente dalla Corte Costituzionale e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Nei tanti interventi a sostegno dell’approvazione sono state due le principali argomentazioni: la imprescindibile necessità di riconoscere diritti civili e sociali a coppie dello stesso sesso, fino ad oggi escluse. Principi e norme, quindi, di inclusione, non discriminazione, legittimazione legislativa della propria scelta di rapporti affettivi e la conseguente parità di una serie importanti di diritti civili, patrimoniali, assistenziali, previdenziali. Il valore assoluto della tutela dei minori, in particolare dei figli preesistenti all’unione civile, come sottolineato con particolare enfasi in alcuni interventi.

Esprimo la mia convinta condivisione di entrambe le esigenze e penso che l’approvazione della legge sulle unioni civili possa corrispondere alle aspettative e alle necessità imposte al legislatore dai due fronti di tutela. Tuttavia, in questo ambito e mantenendo questa coerenza ai principi di inclusione e tutela, vanno affrontati alcuni punti che meritano significative correzioni rispetto ad disegno di legge. Tralascio (per motivi di tempo) il rapporto tra unioni civili e matrimoni, che eventualmente ritroverete nel testo.

Intendo invece motivare la necessità di modificare la parte relativa al l’articolo 5 sull’adozione del figlio del partner. Questa mia convinzione non ha intenti discriminatori, ma di oggettiva attenzione rispetto agli effetti anche indiretti che questa norma può determinare ben oltre l’obiettivo che si pone di dare migliore tutela ai figli preesistenti. Obiettivo, questo, che va assolutamente salvaguardato e potenziato e al cui proposito l’introduzione (in alcuni emendamenti che anche io ho sottoscritto) dell’affido rafforzato darebbe ampie garanzie, fino ai 18 anni.

L’affermazione, al contrario, di un incondizionato diritto di adozione al pari dei coniugi trascina, invece, all’interno di questa legge un tema rilevantissimo – quale la maternità surrogata – estraneo all’oggetto principale della discussione odierna, che meriterebbe una sede ampia e autonoma di trattazione e non certo meramente incidentale come quella attuale.

Si tratta – è vero – di una pratica già vietata e sanzionata penalmente dal nostro ordinamento, ma che, in quanto ammessa in altri Paesi, sta alimentando forme di «turismo procreativo» da parte di coppie italiane, prevalentemente eterosessuali, in elusione o violazione delle leggi vigenti in materia di adozione o di accesso alla procreazione medicalmente assisitita.

Si è molto discusso del legame tra la stepchild adoption e la maternità surrogata. Alcuni interventi lo hanno decisamente negato, classificandolo come invenzione, fantasma o rischio inesistente.

Non voglio confutare queste convinzioni, ma voglio porre in evidenza il fatto che nessuno può escludere che questa norma possa avere un effetto incentivante rispetto ai due componenti dell’unione civile che per loro natura non sono in grado di procreare congiuntamente.

Mi chiedo allora se come legislatori possiamo a cuor leggero varare una norma che, seppure indirettamente, incentivi un comportamento effettivo di illegalità, che contraddice un’altra norma del nostro ordinamento.

Colleghi, anche se esistesse solo un’ombra, penso che dovremmo essere tutti d’accordo di fermarci prima di legiferare in questo senso, senza per questo contravvenire ai due principi di inclusione e di tutela dei minori ricordati.

A questo scopo la soluzione più coerente appare quella di considerare l’opportunità di una generale riforma della disciplina delle adozioni, da affrontare però in una sede diversa da quella attuale, sulla base di due oggettive situazioni. Anzitutto, la pratica della maternità surrogata cambia radicalmente il quadro di riferimento legislativo sul tema del riconoscimento dei figli e quindi va attentamente valutato il rapporto che può determinarsi con la riforma della disciplina delle adozioni. Con quali esiti, oggi nessuno può dirlo, ma credo fin d’ora escludendo semplicistiche ed automatiche estensioni.

In secondo luogo, cambia anche, proprio per effetto della legge che stiamo approvando, la platea dei soggetti di riferimento per le politiche adottive.

Infine, ma non meno importante colleghi, è la considerazione che questo Senato ha in questi giorni un’occasione straordinaria di interpretare con equilibrio, rifuggendo da facili tentazioni divisive, quanto emerso in queste settimane nel Paese, con manifestazioni molto partecipate.

Auspico che il Senato approvi una legge sulle unioni civili, dopo anni di attesa, affidando la disciplina delle adozioni ad un altro specifico provvedimento. Se non ci fidiamo di noi stessi, approviamo una delega che vincoli il Governo a farlo in breve tempo. Su questo, credo, il Senato può votare con un consenso molto ampio, dando un segnale positivo di avanzamento civile a tutto il Paese.

Ed allora perché non farlo? (Applausi dal Gruppo PD).


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