“Questa mattina sono stato alla camera ardente di Silvio Di Francia, l’ultimo samurai verde. Ho ritrovato la comunità con cui sono cresciuto in questo mondo della politica, il mio, amici che non vedevo da anni, tutti con le ferite e le cicatrici della militanza, delle vite, delle strade diverse prese. Ho visto Claudio, il fotografo del Campidoglio, in lacrime davanti a quella foto con la chitarra. Camilla e i sorrisi di Silvio, fino all’ultimo. Fino all’ultimo. La famiglia, le istituzioni, che non sono altro che noi, con la dignità che proviamo a preservare e la fragilità che ci espone. Con questa disposizione di animo sono entrato oggi in Senato, in aula, per la prima volta. Con disciplina e onore, certo. Ma con un travaglio interiore, un dolore che non si attenua, un affanno che non so dire”. Lo scrive su Instagram Filippo Sensi, senatore del Pd in sostituzione di Bruno Astorre, scomparso alcuni giorni fa. “E che è legato a Bruno Astorre, al senatore Astorre, a Bruno, della cui scomparsa non riuscirò mai a capacitarmi, e del quale non sarò mai all’altezza, mai. E non solo per la sua esperienza e umanità, per la sua conoscenza tegola su tegola della sua, della nostra regione, per la sua ironia e generosità, quella di cui ha parlato Francesca, sua moglie, con la sua grazia quel giorno a Colonna. Ma per il semplice fatto che non è vero che siamo tutti sostituibili, intercambiabili, nessuno indispensabile. Non è vero. Ce lo raccontiamo per andare avanti, per giustificare le nostre miserie, per allontanare la notte. Ma non è vero. Perché le persone contano, e fanno la differenza. E sono uniche. Uniche. Spesso sole, anche fra le altre persone. Si possono sostituire responsabilità, ruoli, funzioni. Mai le persone. Come Bruno. Come Silvio. E come Enzo Tortora. Oggi è uscito il libro della figlia Gaia, andando in Campidoglio l’ho preso, lo aspettavo. E ho pensato che questo segnavia, questo talismano – quello di un uomo giusto e ingiustamente afflitto, della sua storia di dignità e fragilità, di mitezza e pulizia – poteva essere in questo tormento, in questa dismisura, in questa carambola del destino, dolente e oscura, un appiglio, una face, un segno, un monito. Testa alta, e avanti. Proverò, devo”,


Ne Parlano