Senatore Filippo Sensi, parteciperà alla fiaccolata in Campidoglio per omaggiare Aleksej Navalny?
«Ci sarò perché penso che il segnale delle piazze in eventi come questo sia utile e importante: tutte le grandi capitali del mondo scendono in strada per dire da che parte stare. Domani in Campidoglio (oggi, ndr) ci sarà una piazza europea, che dice che i valori di democrazia e libertà sono intangibili e che Vlamidir Putin li vuole distruggere. Anzi dico di più: il nostro governo deve dare un segnale ancora più forte, inviando il nostro ambasciatore in Russia a deporre un fiore dove dei russi coraggiosi stanno omaggiando Navalny».
Intanto però chi manifestava per il dissidente russo morto in carcere è stato identificato dalla polizia. A Milano, non a Mosca.
«Mi pare un segnale preoccupante se dieci persone portano fiori per Navalny e vengono identificati dalla polizia. Siamo in Italia, non in Russia. Spero che la manifestazione in Campidoglio si porti via anche qualche eccesso di zelo da Stato di Polizia».
Tornando a quando accaduto a Navalny, qual è per lei il senso politico di questa morte?
«È probabile che Putin pensi di essere più forte dopo l`assassinio di Navalny. Penso invece che si stia dimostrando più debole. È stata fatta notare la coincidenza di questa morte con la conferenza di Monaco, il summit internazionale dove tutto l`Occidente si è riunito alla presenza anche di Zelensky. Putin disprezza la comunità internazionale. Mi ricorda per certi versi il delitto Matteotti, ma spero in una reazione diversa del popolo russo e non solo».
In che senso spera in una reazione diversa?
«Il delitto di Matteotti fu il momento in cui si vide chiaramente che il regime di Mussolini era un regime dittatoriale. Fu un punto di svolta. In questo senso Navalny può essere come Matteotti: un momento di presa di consapevolezza e speriamo smuova le coscienze. Spero che Navalny sia Matteotti con una differenza rispetto a11924: allora l`Italia prese coscienza del regime dittatoriale di Mussolini che durò altri venti anni. Oggi spero che per il popolo russo quanto accaduto sia una svolta».
Perché comunque Navalny era ancora un pericolo per Putin?
«Rappresentava la speranza. Il pericolo maggiore per una dittatura. Diceva di no e la faceva con ironia: non c`è nulla di più eversivo per i regimi dell`ironia. Lui scherzava con i giudici dalla sua cella. Questo era insopportabile per Putin. Dicono che lo Zar di Mosca non abbia mai pronunciato quel nome: allora nominarlo, chiamare Navalny, è una forza di resistenza al regime di Putin».
Come la guerra in Ucraina?
«Molti dicono in Italia di essere stanchi della guerra in Ucraina, a volte in maniera interessata come i sovranisti italiani di Matteo Salvini. Ecco io penso che dobbiamo oggi più di prima
sostenere l`Ucraina».