“Un greatest hits del trumpismo”. Filippo
Sensi, senatore Pd e già portavoce di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni a
palazzo Chigi, dà questo titolo alla performance di The Donald ieri al
Congresso dal punto di vista comunicativo. “E’ stata un’occasione che
lui voleva giocare come fosse un vero e proprio State of the Union, ma
in realtà -dice all’Adnkronos- è stata piuttosto degli highlights, una
compilation del trumpismo, con i tutti i suoi tic e le sue strampalate
battaglia, dalla Groenlandia a Panama, sia per i messaggi più
robusti”.
Ma, osserva Sensi, l’aver scelto come platea quella del Congresso è
stato un calcolo sbagliato per Trump: non un one man show come è stato
finora, ma ha dato, per la prima volta, un palcoscenico ai
Democratici. “Mi ha colpito che di fatto scegliendo il Congresso come
platea, è stata la prima vera occasione in cui l’opposizione
democratica ha ripreso voce. In queste settimane, l’opposizione era un
po’ sparita, scomparsa dai radar. Al massimo si era vista in
improvvisati comizi di piazza quando ci sono stati licenziamenti per
Usaid o del personale delle Agenzie. Per la prima volta ha dato un
palcoscenico alla minoranza per una opposizione con i cartelli in aula
per dirgli che mente, i cartelli contro Musk e così via. Ha mal
calcolato” la scena “perché invece di esserci soltanto lui, ha ceduto
spazio comunicativo anche all’opposizione”.
E c’è un ultimo aspetto che “mi ha colpito e non riguarda Trump –
aggiunge Sensi-. Quello della contestazione del congressman del
Texas”, Al Green che ha interrotto il discorso di Trump ed è stato
fatto uscire dall’aula. “Mi ha molto colpito che i parlamentari della
maggioranza gli urlassero contro ‘Usa, Usa’. Che opponessero alle
ragioni, ancorché gridate di un parlamentare dell’opposizione, una
pioggia di ‘Usa, Usa’. Quasi a suggerire una fusione a caldo tra
trumpismo e Stati Uniti e in qualche modo perimetrando l’opposizione
fuori l’America, fuori gli Stati Uniti. Era una palizzata, un muro
acustico come una metafora dei muri di isolazionismo, che è la vera
cifra di questo nuovo Trump. Così come c’è l’Oceano tra l’America di
Trump e l’Europa, l’Ucraina e i guai del mondo, c’è un muro tra
l’America che lui incarna e chi è fuori da questo muro, come tutti i
suoi nemici, a partire dai Democratici”.