Di seguito il testo del documento
Sbaglia chi chiede oggi una frenata nei tempi della riforma del Senato proprio quando siamo invece a un passo da un traguardo importante. Sarebbe un errore doppiamente incomprensibile. In primis alla luce dell’impegno che il PD si è assunto nei confronti degli italiani e della loro attesa di un segnale forte di innovazione del lavoro parlamentare. E poi soprattutto perché sarebbe davvero un autogol inspiegabile che smentirebbe e renderebbe vano il lavoro positivo e corale che ci ha visti impegnati come parlamentari nelle ultime settimane. Vogliamo rivendicare, infatti, che è merito dell’impegno dei senatori (soprattutto quelli del PD) se il testo base del Governo è stato arricchito di nuovi e decisivi contributi facendo sì che si arrivasse ad una proposta di seconda Camera originale e innovativa, caratterizzata da una spiccata vocazione di raccordo fra le autonomie locali e di protagonismo in Europa. Sulla scia delle proposte che negli ultimi anni il Partito Democratico e il centrosinistra hanno via via elaborato, il nuovo Senato ha il merito, infatti, non solo di superare il bicameralismo paritario ma di proporsi come un luogo ‘federatore’ non solo della pluralità di esperienze di cui è ricca l’Italia, ma anche della dimensione nazionale con quella europea nello spirito e in piena applicazione del Trattato di Lisbona. Quello nuovo sarà un Senato ricco di competenze (anche legislative) e di poteri necessari a far sì che non vengano meno quei pesi e contrappesi necessari al buon funzionamento delle istituzioni. Certamente su alcuni punti rimangono sensibilità diverse e correzioni (ad esempio sull’elezione del Capo dello Stato) da operare prima che il testo venga approvato, ma davvero è inverosimile affermare che rappresenti un passo indietro nelle garanzie democratiche o un rischio negli equilibri costituzionali. Crediamo, invece, che il dibattito sul nuovo Senato abbia chiarito a tutti la necessità di mettere mano e cambiare profondamente la legge elettorale così come approvata dalla Camera. Siamo certi che ci sia un’ampia maggioranza nel Paese e nel Senato a favore di maggiori garanzie per una equilibrata rappresentanza di genere, della modifica delle soglie per l’ingresso in Parlamento e per il premio di maggioranza, e di modalità che permettano ai cittadini di scegliere con maggiore protagonismo i propri rappresentanti. E su questa linea saremo impegnati non appena l’Italicum arriverà in discussione non appena concluso l’iter della riforma del Senato.
Sbaglia chi chiede oggi una frenata nei tempi della riforma del Senato proprio quando siamo invece a un passo da un traguardo importante. Sarebbe un errore doppiamente incomprensibile. In primis alla luce dell’impegno che il PD si è assunto nei confronti degli italiani e della loro attesa di un segnale forte di innovazione del lavoro parlamentare. E poi soprattutto perché sarebbe davvero un autogol inspiegabile che smentirebbe e renderebbe vano il lavoro positivo e corale che ci ha visti impegnati come parlamentari nelle ultime settimane. Vogliamo rivendicare, infatti, che è merito dell’impegno dei senatori (soprattutto quelli del PD) se il testo base del Governo è stato arricchito di nuovi e decisivi contributi facendo sì che si arrivasse ad una proposta di seconda Camera originale e innovativa, caratterizzata da una spiccata vocazione di raccordo fra le autonomie locali e di protagonismo in Europa. Sulla scia delle proposte che negli ultimi anni il Partito Democratico e il centrosinistra hanno via via elaborato, il nuovo Senato ha il merito, infatti, non solo di superare il bicameralismo paritario ma di proporsi come un luogo ‘federatore’ non solo della pluralità di esperienze di cui è ricca l’Italia, ma anche della dimensione nazionale con quella europea nello spirito e in piena applicazione del Trattato di Lisbona. Quello nuovo sarà un Senato ricco di competenze (anche legislative) e di poteri necessari a far sì che non vengano meno quei pesi e contrappesi necessari al buon funzionamento delle istituzioni. Certamente su alcuni punti rimangono sensibilità diverse e correzioni (ad esempio sull’elezione del Capo dello Stato) da operare prima che il testo venga approvato, ma davvero è inverosimile affermare che rappresenti un passo indietro nelle garanzie democratiche o un rischio negli equilibri costituzionali. Crediamo, invece, che il dibattito sul nuovo Senato abbia chiarito a tutti la necessità di mettere mano e cambiare profondamente la legge elettorale così come approvata dalla Camera. Siamo certi che ci sia un’ampia maggioranza nel Paese e nel Senato a favore di maggiori garanzie per una equilibrata rappresentanza di genere, della modifica delle soglie per l’ingresso in Parlamento e per il premio di maggioranza, e di modalità che permettano ai cittadini di scegliere con maggiore protagonismo i propri rappresentanti. E su questa linea saremo impegnati non appena l’Italicum arriverà in discussione non appena concluso l’iter della riforma del Senato.