Senatore Zanda, il suo primo incarico nelle istituzioni risale al 1975.

«Ero portavoce di Francesco Cossiga al ministero dell`Interno».

Ma la sua memoria di battaglie quirinalizie risale ancora più lontano nel tempo.

«Certo. Mi ricordo distintamente le manovre parlamentari per l`elezione di Segni e di Leone. Era difficile mettere d`accordo le correnti Dc e gli altri partiti, ma c`era la politica».

E sulla scheda i franchi tiratori contro Fanfani scrivevano: «Nano maledetto, non sarai mai eletto». Guerre puniche….

«Ricordo bene l`elezione di Sandro Pertini e la sua immediata presa sull`opinione pubblica».

Nel 1978, “il presidente partigiano”, come cantava Toto Cutugno fu una certezza, prima da presidente della Camera, poi sul Colle, mentre l`Italia ballava intorno alle Br e al corpo rapito di Aldo Moro.

«Il giorno più drammatico di quel periodo fu la strage di via Fani. Un clima difficile da spiegare ad un ragazzo di oggi».

Proviamoci.

«Scontri e cortei violenti, quotidiani nelle strade e nelle piazze. Attentati e bombe, terroristi rossi e stragisti neri. Le P38 che sparavano».

E poi la notizia più scioccante.

«A terra, a via Fani, erano rimasti gli uomini della scorta di Moro, uccisi, le pozze di sangue e i bossoli, l`auto crivellata di colpi. Moro era stato sequestrato. Mai la Repubblica aveva vissuto un dramma così tremendo. Ugo La Malfa chiese la pena di morte. L`Italia e la democrazia erano in pericolo».

Quando iniziò la sua giornata quella mattina?

«Come per tutti, con la notizia del rapimento. Cossiga arrivò al ministero un`ora e mezzo dopo il fatto: era stato a via Fani e poi a colloquio con Andreotti».

E cosa accadde?

«Mi chiamò. Chiuse la porta della sua stanza. Mi disse: “Da questo momento tu non devi più occuparti di me e del mio futuro politico”».

E lei?

«Guardandomi, ripeteva: “Politicamente io sono morto, morto! Tu ora devi fare quel che puoi per salvare le istituzioni. Dobbiamo ritrovare Moro. Ma la mia storia politica finisce qui”».

Poi si arrivò al ritrovamento del cadavere, lasciato dalle Br a via Caetani, proprio fra Botteghe Oscure e piazza del Gesù, tra Pci e Dc.

«Uno strazio. Il corpo esanime, ripiegato. Il portabagagli della R4 rossa. La gente attonita, il prete che benediceva il cadavere in mezzo alla strada…».

Cossiga accusò uno choc, anche dal punto di vista psicosomatico.

«Gli vennero i capelli bianchi e la vitiligine, dalla mattina alla sera. Per chi gli era al fianco fu sconvolgente».

Poi questo clima produsse la risposta di Pertini.

«Con l`82 per cento Pertini è ancora oggi il presidente che ha ottenuto la più larga maggioranza nella storia della Repubblica».

Dopo ci fu anche l`elezione di Scalfaro, proprio nei giorni delle stragi di mafia del 1992.

«Rappresentò un elemento di stabilità in un Paese stravolto dopo la strage di Capaci. Oggi la situazione è diversa. I rischi per l`Italia sono altri, ma politicamente non inferiori a quelli di allora».

Dice sul serio?

«Il sistema politico oggi è molto più debole di allora ed è questa debolezza che deve preoccuparci».

Peggio che durante gli anni di piombo e della guerra a Cosa nostra?

«È un`altra situazione. In quei giorni, senza la forza delle istituzioni e dei due partiti di massa il Paese sarebbe crollato».

E oggi?
«Metto insieme una serie di dati oggettivi. Il primo, il Parlamento è il più frantumato di sempre. Il secondo: i grandi partiti non ci sono più. Il terzo la situazione geopolitica mondiale è molto pericolosa. Il quarto: l`economia, l`inflazione, il costo dell`energia, un debito pubblico che non è mai stato così alto, si rischia il rialzo dei tassi di interesse e dello spread».

E infine il Covid.

«Lo tengo per ultimo. Il dato è drammatico, ma l`Italia ha scelto la strada giusta per batterlo, una grande campagna vaccinale».

Lei è una vecchia volpe delle Aule parlamentari, è in grado di prevedere cosa faranno i peones, i senza partito e quelli che sono certi di non essere rieletti?

«Andreotti diceva che le volpi finiscono in pellicceria. Francamente non mi piacerebbe. Non sono in grado di prevedere nulla, e anche i senza partito (come li chiama lei) non sono in grado di farlo».

Fantastico.

«Se non si parte da questo dato di fatto non si capiscono le difficoltà di queste elezioni presidenziali».

Luigi Zanda è un decano del Partito democratico: ex capogruppo all`epoca dei 101 franchi tiratori che killerarono la candidatura di Franco Marini. Ex tesoriere del partito. È uno degli uomini più esperti di questo tipo di battaglie parlamentari, a sinistra. Accetta di parlare, ma avverte:

«Rispondo a qualsiasi domanda, ma non gioco al Totonomi. In questo momento non è serio».

C`è una giornata nera fra le tante che ha vissuto tra i banchi del Parlamento durante le elezioni presidenziali?

«La peggiore è proprio quella dei 101».

Addirittura?

«L`esperienza più umiliante e più drammatica della mia vita politica».

Si spieghi.

«Intanto per le dimensioni del fenomeno: sono certo che i voti in meno fossero 130, non 101».

E poi?

«Per come l`ho vissuta, per la sorpresa amarissima. Sentivo il peso della responsabilità dei senatori democratici, mai avrei immaginato un tradimento di quelle dimensioni».

Tuttavia?

«Quello che stava accadendo l`ho capito solo man mano che procedeva lo spoglio».

Una lezione dura.

«Col voto segreto le manovre restano coperte fino all`ultimo momento».

In quelle ore una soluzione in extremis si trovò con uno strappo alla regola. (Sospiro).

«Già. Andare tutti in ginocchio a pregare Napolitano di accettare un secondo mandato. E per fortuna lui accettò».

Anche con Cossiga l`accordo era rimasto segreto.

«Avevo lavorato con lui cinque anni, eravamo molto amici».

Nel 1985 nulla lasciava presagire la sua ascesa.

«Una sera andammo cena a Roma, al Passetto. E lui mi disse che due mesi dopo sarebbe stato eletto Presidente della Repubblica. Mi disse che l`accordo politico era stato siglato tra la Dc e il Pci. Erano altri tempi. Quell`accordo in qualche modo rendeva visibile che erano i grandi partiti a decidere il nome del nuovo Presidente».

Però lo stesso Cossiga amava ripetere: «Quando un segreto è noto a più di due persone smette di essere tale».

«Ah ah ah, è vero. Ma i partiti di allora erano un`altra cosa».

E cos`altro disse, Cossiga?

«”Devi aiutarmi a scegliere il mio staff”. Non trapelò nulla, fino all`ultimo momento. Cossiga era già blindato».

Che giudizio dà di quella presidenza?

«Positivo. Lui aveva i suoi soliti sbalzi di umore. In certi giorni pessimista, introverso. In altri estroverso, attivissimo. Condusse una lotta politica con modalità che negli ultimi anni anche a me non piacevano. Ma nel merito aveva spessissimo ragione».

Proviamo ad elencare.

«Capì per primo che il crollo del muro di Berlino avrebbe messo fine alla repubblica dei partiti. Che il ruolo del Parlamento era in crisi, che servivano nuove regole per il Governo, il nuovo ruolo delle Forze armate e dei servizi segreti, comprese con anticipo la malattia della magistratura. Le pare poco? Ecco perché oggi serve un garante che abbia una visione del futuro».

Non Berlusconi?

«Non verrà eletto».

Ne è certo?

«Sicuro. Una candidatura che non esiste, il centrodestra deve prenderne atto».

Perché?

«Non sottovaluto la mossa di Berlusconi, penso che sia una cosa seria. Ma considero che non possa andare al Quirinale. Ha avuto una vita molto ingombrante».

Ha visto che il centrodestra chiede di far votare i parlamentari positivi?

«Non capisco la richiesta. Il voto deve avvenire in seduta comune e in assoluta sicurezza sanitaria».

Non si pone il tema dei tanti contagi che possono alterare la maggioranza?

«Qualsiasi assenza e qualsiasi malattia cambia il plenum, anche oggi! Lunedì è stata eletta Cecilia D`Elia, deputata del Pd, un elettore in più. Se domani cado e mi rompo le gambe ce ne sarà uno in meno».

Non va bene il televoto?

«Chi lo vuole deve cambiare la Costituzione e il regolamento».

Abbiamo avuto la fortuna di avere dodici presidenti di grande cultura politica: dobbiamo trovarne un altro. Voi del Pd avete una carta coperta, come Cossiga nel 1985?

«Non so se ce l`abbiamo. Ma se fosse così, vorrebbe dire che Letta l`ha coperta così bene che non la conosco nemmeno io».

È giusto che il voto sia segreto?

«Assolutamente sì. Per rispettare la libertà di scelta, però, non per coprire le manovre politiche come con Marini e Prodi».

È legittimo che il centrodestra elabori un sistema di scrittura per rendere riconoscibili i voti di ogni partito?

«È anche legittimo che il presidente della Camera legga solo il cognome, vanificando il trucco».

Non vuole fare totonomi, tracci almeno l`identikit.

«Un presidente all`altezza della sfida deve seguire le orme di Mattarella: essere super partes, avere prestigio internazionale, capacità di incarnare i valori della democrazia, essere un garante della Costituzione».

Non crede alle ipotesi di presidenzialismo all`americana?

«La presidenza ha avuto un ruolo decisivo nelle crisi italiane. Nel tempo della delegittimazione del sistema politico, i presidenti hanno lavorato a difesa della democrazia».

Se Draghi non va al Quirinale deve lasciare il governo?

«La prassi è che si presentano le dimissioni al nuovo presidente. Dovrebbe farlo anche lui».

Renzi ha detto ai grandi elettori Italia Viva: “Stavolta il nome lo decide la destra”.

«Sbagliato. Si decide insieme. La destra ha tutto il diritto di indicare un candidato, come l`abbiamo noi, ma tutti dobbiamo cercare il più adatto, non il più omogeneo a una parte».

Se Berlusconi si tirasse indietro e candidasse Gianni Letta?

«Questo è totonomi».

Draghi deve andare al Colle o no?

«Come non le ho risposto su Letta non le rispondo su Draghi. Ma dobbiamo essere molto riconoscenti a Draghi, per quel che ha fatto fin qui per l`euro, per l`Ue e per l`Italia».

Se Draghi fosse eletto potrebbe nominare un suo uomo come proprio erede a Palazzo Chigi?

«Un presidente non nomina mai un “suo uomo”. Nomina un presidente del Consiglio dopo aver sentito i partiti e il Parlamento».

Non le piace il governo del Presidente?

«I governi, con l`eccezione dei governi balneari, che durano come una vacanza sotto l`ombrellone, non sono del Presidente, ma del Parlamento che li vota».

Ci crede al governo dei leader?

«Non mi pare una buona idea».

Dicono che renderebbe il governo meno tecnico, ma più politico e più solido.

«Credo che tutti i governi siano politici, dopo la fiducia del Parlamento. E così anche i ministri che possono nascere tecnici, ma quando giurano diventano politici».

Se cade il governo Draghi potrebbe esserci spazio per un governo solo di centrodestra?

«In questa legislatura non è possibile. E poi non vedo ragioni per cambiare formula».

Provi a spiegarlo.

«Questa maggioranza può essere orgogliosa del proprio operato: sta completando la campagna vaccinale e dando attuazione al Pnrr».

Salvini dice: «Non possono esserci presidenti solo di sinistra».

«L`Italia ha avuto la fortuna di avere come presidente dodici personalità notevoli. Tutti democratici. Tutti uomini di grande cultura politica. Tutti diversi. Laici, Cattolici, progressisti, conservatori. Troviamone un altro così».

Non teme che dopo il Colle si apra la campagna elettorale? (Sorride).

«Le rispondo riesumando una massima di Talleyrand: “Più che un errore, sarebbe un crimine!”».


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