Senatore Zanda, dal Colle è trapelato “stupore” per il suo ddl che introduce nella Carta il divieto di rieleggibilità del Capo dello Stato. Ce l’hanno con lei e con il Pd?

«No guardi, hanno colpito anche me le interpretazioni fantasiose sul ddl che io ho firmato insieme ai senatori Parrini e Bressa: non corrispondono né alla lettera né allo spirito della nostra iniziativa parlamentare».

Quindi la critica del Quirinale è rivolta solo alle letture maliziose di chi ci ha visto un tentativo per spingere Mattarella al bis? Davvero non era questa la sua intenzione?

«Ma figuriamoci! Lo spirito del ddl è chiaro. Elimina il semestre bianco che interrompe una necessaria continuità istituzionale poiché per sei mesi sottrae al presidente della Repubblica la possibilità di sciogliere il Parlamento e, in caso di impossibilità, di comporre una nuova maggioranza. Da questo discende il divieto di rielezione, che risponde a una sollecitazione di molta dottrina costituzionale e alle indicazioni dei presidenti Segni e Leone, di recente ricordate anche da Mattarella».

Il sospetto però viene, senatore. La sua iniziativa non è stata quanto meno intempestiva?

«Un ddl su prerogative presidenziali è opportuno che venga presentato alla fine del settennato, altrimenti potrebbe suonare come una sfiducia
verso il nuovo presidente».

Ma è d`accordo su quel che Mattarella ha fatto intendere, cioè che un secondo mandato sarebbe una forzatura costituzionale?

«Non mi permetto di interpretare le motivazioni del presidente».

Lei sarebbe favorevole al bis?

«Io considero esemplare la presidenza Mattarella, rispetto in modo assoluto le sue decisioni e mi auguro che il prossimo Capo dello Stato tenga in gran conto il settennato che sta per finire».

Il trasloco di Draghi al Colle può mettere a repentaglio il prosieguo della legislatura?

«Il presidente della Repubblica scioglie le Camere quando risulta impossibile comporre una maggioranza parlamentare: obiettivo che non sta nella sua responsabilità, ma in quella delle forze politiche. Se si riesce a formare una maggioranza, il presidente non può sciogliere. Dal che si deduce che è pretestuoso far dipendere la fine anticipata della legislatura dall`elezione di questo o quell`altro presidente, Draghi compreso».

Ma la situazione politica attuale consente di arrivare al 2023 senza Draghi a palazzo Chigi?

«Mi sembra che quasi tutte le forze politiche vogliano tagliare il traguardo della scadenza naturale».

Non teme che, col voto segreto, i franchi tiratori possano giocare brutti scherzi, spaccare la maggioranza e precipitare il Paese a elezioni anticipate?

«Oggi il voto segreto è un pericolo reale perché la sua natura è molto cambiata: nasce a tutela dell`indipendenza dei parlamentari, ma è degenerato a strumento di manovre politiche opache. Ricordiamoci l`agguato grave e sporco a Prodi nel 2013, quando i franchi tiratori furono ben più dei famosi 101. Perciò in vista della partita sul Quirinale, è indispensabile che i grandi elettori dimostrino assoluta lealtà e onestà intellettuale».

Altrimenti?

«Il rischio è compromettere il lavoro di ricostruzione fatto fin qui. Ripresa economica, ricucitura del tessuto sociale, credibilità internazionale… Tutto potrebbe andare a rotoli. Ecco perché è necessario un accordo ampio tra i partiti, tanto più che né centrodestra, né centrosinistra hanno i voti per eleggersi il presidente da soli».

Facile a dirsi, un po` meno a farsi col clima che c`è in Parlamento.

«È la ragione per la quale serve una regia politica molto accorta, leader che si prendano la responsabilità di pilotare l`elezione e di comporre il consenso. Insieme a nomi autorevoli, e l`Italia ne ha tanti, sia di uomini sia di donne. Non bruciamoli con il voto segreto».


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