Quando mi rammenta d`aver mosso i primi passi giornalistici, alla metà degli anni `70, su La Discussione, il settimanale della Dc, sotto la direzione di Guglielmo Zucconi e Pierluigi Magnaschi, «me lo saluti, eh», cade la linea. Stavamo ricordando, chi scrive, che di quel giornale era lettore, e il senatore dem Giorgio Tonini, che vi collaborava, gli entusiasmi e le speranze generati dal segretario Benigno Zaccagnini: «Zac, Zac vincerà!» E invece, «zac», i cellulari si sono ammutoliti: «Si sono commosse anche le sim», scherza Tonini. È di ottimo umore, per quanto un infortunio, due braccia fratturate, lo tenga lontano da Palazzo Madama. Al voto decisivo sulle riforme, due settimane fa, non ha voluto mancare: «Ci sarei andato anche in barella».
Classe 1959, romano ma trapiantato in Trentino, lunga esperienza in politica dopo aver fatto il presidente degli universitari di Azione cattolica, è stato un convinto ulivista e quindi un piddino antemarcia. Ed è stato uno dei primissimi sostenitori di Matteo Renzi, difendendo, nell`autunno del 2011, con un pugno di parlamentari dem, il diritto dell`allora sindaco di Firenze, a fare la sua Leopolda.
Domanda. Senatore, Renzi ha respinto le mozioni di sfiducia sulle banche e, per quanto i voti di Denis Verdini non siano stati decisivi, lo accusano di voler snaturare il Pd. Ma è il segretario giusto per questo partito?
R. Quando s`è affacciata nel Pd questa generazione ai giovani leader, di cui Renzi è íl fuoriclasse, sono stato subito contento. E alla sua domanda rispondo sì, perché Renzi e gli altri stanno provando semplicemente a mettere in pratica la vocazione maggioritaria del Pd, che sta nel Dna di questo partito.
D. Già, ma Gianni Cuperlo parla appunto di identità che va in fumo.
R. Sbagliando. L`identità del Pd sta proprio nel cercare di allargare in modo strutturale i confini di chi vota il centrosinistra, significa prendere elettori di là e portarli di qua. Altrimenti siamo allo schema dalemiano classico.
D. Vale a dire?
R. Massimo D`Alema è convinto, usando un paradigma togliattiano a lungo maggioritario nel Pd, che la sinistra in questo Paese sia strutturalmente minoritaria e che possa andare al governo solo attraverso manovre di Palazzo e con pezzi di centro, meglio se cedendo la leadership.
D. E non è vero?
R. Il Pd nasce da tutt`altro presupposto: cambiare i rapporti di forza. La sinistra sarà sempre minoritaria se resta quello che era, se non innova, se non cambia. Renzi cerca di farlo.
D. Operazione facile?
R. Tutt`altro. Non priva di contraddizioni ed esposta a mille errori. Ma alle europee di due anni fa, si è dimostrato che quella cultura politica può diventare maggioritaria.
D. Sì, ma í suoi oppositori vedono, a ogni angolo, il Partito della nazione.
R. E una definizione di Alfredo Reichlin, che attingeva, anche lui, a Togliatti, quando parlava di un partito fatto di «ceti medi ed Emilia rossa», ossia che si aprisse alla società e che stesse al centro della nazione.
D. Ma Tonini che pensa del Partito della Nazione?
R. Se dovesse essere un partito pigliatutto, che raccoglie ceto politico qua e là, non mi piacerebbe. Ma non renderebbe ragione neppure la definizione di Reichlin. Se invece…
D. Se invece?
R. Se invece intendessimo un partito che fosse perno fondamentale del sistema, sarebbe l`attuazione di quella vocazione maggioritaria che le dicevo. Cioè saldare chi vive di spesa pubblica, come dipendenti pubblici, studenti e pensionati, a chi sta sul mercato, come operai, artigiani e imprenditori.
D. Alle europee è accaduto?
R. Sì, siamo stati per esempio il partito più votato dagli operai, mentre nel 2013, fummo solo il terzo. Ma c`è da tenere presente un altro aspetto.
D. Quale?
IL Ricordare il contesto parlamentare in cui ci muoviamo. Certo, l`impostazione di Renzi sarebbe cristallina se avesse potuto manifestarsi all`opposizione, con la costruzione di una piattaforma con cui vincere. Alla Tony Blair, per intendersi.
D. E invece?
R. Invece, come diceva Aldo Moro, il tempo che ci è dato di vivere è un altro.
D. Spieghiamolo.
R. Dopo «non vittoria» di Pier Luigi Bersani del 2013, senza una maggioranza al Senato, c`è stato un patto dello stesso Bersani con Silvio Berlusconi, attraverso Giorgio Napolitano, per dare una prospettiva di legislature al Paese e non disperdere i risultati di Mario Monti che, ricordiamolo, ci consentì di mettere il naso fuori dell`acqua. E nacque il governo di Enrico Letta. Poi, per le note vicende giudiziarie del Cavaliere, il Pdl è esploso
D. E il governo è diventato Letta-Alfano.
R. Alcuni pezzi del Pdl hanno consentito il cammino del governo, con grande coraggio. E un`altra parte poi, con Forza Italia, ed è quella di Verdini stesso, ha consentito poi la prosecuzione delle riforme.
D. Col Patto del Nazareno.
R. Riforme che sostiene ancora. Ci siamo quasi, dopo tre anni e mezzo – perché la Costituzione è rigida e richiede passaggi complessi avremo una sistema di riforme, inclusa la legge elettorale, che permetteranno un chiaro mandato a governare. Per evitare esattamente il 2013. Nel frattempo…
D. Nel frattempo?
R. Nel frattempo Renzi deve governare. E affrontare la peggior crisi economica del dopo guerra, una situazione geopolitca che il Papa ha definito terza guerra mondiale, la crisi dell`Europa e della Russia. Come diceva De Gasperi, c`è da fare il fuoco con la legna che si ha.
D. Sì però, senatore, questa roba di Verdini sta diventando un`ossessione e sarà dura farla passare alla minoranza Pd. L’altro giorno il suo collega Miguel Gotor, mostrando a un cronista del Corriere la camminata del leader Ala, ha detto che “c`è una differenza antropologica”.
R. L`ho letto. E ne sono rimasto sbalordito. C`era Verdini a trattare quel governo di cui parlavamo prima, con Letta, vice di Bersani, e Alfano, vice di Berlusconi.
D. C`era anche l`onorevole Maurizio Migliavacca, braccio destro di Bersani, ha ricordato l`altro giorno Fabrizio Cicchitto.
R. Eh già, ora son diventati marziani. E t`hanno fatto insieme il governo, come l`ho applaudito io, pensandolo atto di serietà e di generosità. Ora se Verdini decide di sostenere quel percorso di riforme e se mantiene fede all`appello di Napolitano, non va più bene? Insomma, c`erano anche loro ad applaudire il discorso del capo dello Stato in occasione della rielezione. Posso capire Renato Brunetta…
D. In che senso?
R. Che deve ricorrere Matteo Salvini, e capisco le sofferenze di Paolo Romani a dover firmare le mozioni di sfiducia del M5s, scritte da Marco Travaglio, come quella sulle banche, ma stupisce gente del Pd, che lo ha guidato alla convergenza su Monti e poi su Letta-Alfano. E non si dovrebbero accettarle í voti dí Verdini?
D. Sventolano le vicepresidenze parlamentari assegnate ai verdiniani.
R. Sì, basterebbe sapere come lavora una commissione e capire che sono posizioni di pochissimo potere, per troncare il discorso. Ma di che stanno parlando?
D. Un`insidia per Renzi potrebbe arrivare dal Family Day che si terrò oggi a Roma contro il ddl Spaccherà il Pd?
R. Non credo, all`interno del gruppo in Senato è stata raggiunta un`intesa chiara: ci confronteremo ma poi voteremo compatti.
D. Lei, cattolico, cosa vorrebbe?
R. Vorrei una legge, perché un istituto giuridico che stabilizzi le coppie omosessuali, con diritti e doveri, è importante. Una legge che rispetti la sentenza della Consulta del 2010: diceva sì alla norma ma no all`equiparazione al matrimonio.
D. C`è da fare?
R. Ci sono da affiliare alcuni aspetti, per distinguere di più l`unione civile da un matrimonio. Ma già l`attuale stesura è migliore della prima.
D. C`è il nodo della stepchild adoption. Lei che cosa vorrebbe?
R. Preferisco l`affido, per non infrangere il principio della genitorialità eterosessuale. Però bisognerà arrivare a una conclusione: discuteremo con libertà e tireremo le somme. La posizione maggioritaria sarà quella del Pd.
D. Se passasse l`adozione non ne farebbe un dramma, mi pare.
R. Vivamo in contesto europea in cui il ddl Cirinnà è moderato e prudente. Altrove, compresa l`Irlanda cattolica, c`è il matrimonio.
D. Nel 2007, al primo Family Day, c`era?
R. No, sostenni con passione il progetto dei Dico, presentato da Rosi Bindi e Barbara Pollastrini.
D. Che effetto le fa sentire oggi un cardinale, l`arcivescovo di Perugia, Gualtiero Bassetti, dire che sarebbe stato meglio, oggi, avere quei patti?
R. Che la Chiesa, su queste vicende, fa un po` come la sinistra sul lavoro: arriva con 10 anni di ritardo.
D. Dunque quella piazza non metterà in difficoltà Renzi.
R. Non credo. Quella piazza merita rispetto e Renzi l`ascolterà come ha ascoltato l`altra, poi la politica ha il dovere di prendere decisioni, in autonomia, cercando la sintesi. Le piazze sono unilaterali, dominate da slogan estremi.
D. Per lei non c`è un attacco alla famiglia?
R. No, semmai una vittoria della famiglia. Trent`anni fa, tutti gridavano «viva l`amore libero», mentre oggi, tutti vogliono il matrimonio. Dunque lo vivo con serenità, non c`è nessuna tragedia.
D. E cosa c`è?
R. C`è un cambiamento culturale profondo ma il matrimonio «unitivo e procreativo», come
l`ha chiamato recentemente Papa Francesco, è ancora il modello di riferimento, il metro con cui ci si confronta.


Ne Parlano