In mezzo a tanta urlata disinformazione, che ha visto protagoniste anche personalità che pure avrebbero dovuto sentire il dovere d`ufficio di favorire un più pacato e obiettivo confronto sul contenuto delle riforme costituzionali sottoposte al vaglio del referendum, l`articolo del padre Francesco Occhetta, pubblicato sull`autorevole rivista dei gesuiti “La Civiltà Cattolica”, si segnala per serietà, profondità
e senso della storia.
Innanzi tutto serietà: Occhetta informa i lettori in modo obiettivo sui contenuti della riforma, rifuggendo
dalla propaganda demonizzatrice, come quella sulla presunta deriva autoritaria, che utilizza argomenti privi di qualunque riscontro di fatto. Occhetta sta al testo della riforma, che razionalizza la forma di governo parlamentare, in particolare superando quell`unicum che è stato ed è tuttora il nostro bicameralismo paritario.
“Il suo superamento – scrive Occhetta individuando lucidamente il cuore della riforma – insieme allo sganciamento del Senato dal rapporto di fiducia al Governo, permetterà di creare una Camera politica basata sulla dialettica tra maggioranza e minoranza, come dimostra l`esperienza delle democrazie moderne più avanzate”.
La serietà dell`informazione invita alla profondità della riflessione critica, a partire da domande di sistema, circa gli effetti della riforma, e non da questioni di dettaglio: la riforma passa così il
severo e rigoroso vaglio della rivista dei gesuiti, quanto ai suoi assi portanti. In primo luogo perché si
armonizza coi principi fondamentali della Carta, che, scrive il redattore della Civiltà Cattolica, “rimangono
inviolati”, mentre “ad essere riformata è invece l`ingegneria costituzionale della seconda parte.
Si tratta di una parte tutt`altro che neutra, che peròva considerata come l`ennesimo tentativo di sviluppo del dettato costituzionale nel tempo”. Una replica, neppure tanto velata, alle vestali dell`immutabilità
della Costituzione. In secondo luogo, perché la riforma Boschi si inserisce in un lungo percorso di elaborazione intellettuale e di discussione politica e non è quindi frutto di una decisione affrettata e avventata. Occhetta fa riferimento in particolare alla tradizione cattolico democratica, a cominciare da Costantino Mortati, per il quale, già al tempo della Costituente, “il Senato avrebbe dovuto garantire gli interessi dei territori, mentre la Camera la rappresentanza politica” e poi De Gasperi e Dossetti, Scalfaro e Ruffilli, fino a Mattarella.
In terzo luogo, perché mantiene e anzi rafforza la posizione dell`Italia nel novero delle grandi democrazie
parlamentari europee.
Proprio nel legame tra la riforma costituzionale e l`Europa l`articolo di padre Occhetta è una lezione di senso della storia, in quanto invita la coscienza collettiva e le coscienze individuali degli italiani a non
compromettere, ma anzi a rilanciare, col loro voto al referendum, il lungo e arduo cammino di ricostruzione della credibilità dell`Italia, alla quale il governo Renzi ha impresso una salutare accelerazione, ma che affonda le sue radici nella storia migliore del nostro paese. Per questo il successo del si è “auspicabile”, anche perché non preclude successivi affinamenti: “Non si farà fatica conclude Occhetta – a provare perplessità non già sulle direttrici di fondo, ma sui singoli aspetti. Tuttavia, rispetto a tali puntuali
perplessità,va segnalato che una moderna cultura della «manutenzione costituzionale», senza banalizzare l`importante scelta della revisione, non sacralizza tutte le soluzioni adottate e può comunque consentire, in caso di auspicabile successo del referendum, successive modifiche migliorative che tengano conto delle critiche più motivate”. Una mano tesa ai critici e al tempo stesso un richiamo a non compromettere,
nel nome di astratti perfezionismi, un risultato storico che il paese insegue da decenni.