di Luigi Zanda
Il voto dei senatori del Partito Democratico a favore della riforma costituzionale poggia sulla consapevolezza che il nostro sistema pubblico ha bisogno di riforme finalmente realizzate, non solo immaginate.
La soluzione della drammatica crisi italiana è così lunga e così complessa perchè abbiamo non solo un’economia debole, ma anche istituzioni vecchie, un sistema politico malato, amministrazioni pubbliche inadeguate. Dobbiamo passare dalla recessione allo sviluppo e battere la disoccupazione. Ma lo potremo fare solo se saremo capaci di difendere la nostra democrazia e di renderla più efficiente, se ci doteremo di una macchina pubblica in grado di competere sul piano internazionale.
L’Italia è l’unico paese dell’Unione europea ad avere ancora un bicameralismo paritario e questa condizione è un ostacolo serio alla nostra capacità decisionale. Potere legislativo efficiente e durata dei governi sono le precondizioni minime per lo sviluppo. Non è un caso che il Senato, dove non è mancato il dissenso, sia unanime su un punto fondamentale: il bicameralismo perfetto deve finire. 
Ci siamo divisi sul ‘come’ il bicameralismo paritario debba essere cambiato, ma mai non sul ‘se’.
Questa riforma, così come quella del sistema elettorale sarà approvata da un consenso più largo della maggioranza di governo. Le regole del gioco non si modificano senza interpellare tutti. Il centro sinistra nel 2001 e il centro destra nel 2005 fecero da soli. Ma sbagliarono. 
Il Pd è impegnato a non ripetere l’errore e, in questo spirito, intende anche sottoporre le riforme ad un referendum confermativo.
Un’ultima considerazione: ci sono state fasi del nostro lavoro rudi e turbolente ma i senatori del Pd hanno mantenuto un comportamento d’Aula sempre corretto, anche davanti agli eccessi, e non solo verbali, che hanno determinato gravi interruzioni del lavoro. 
Mi è parso, lo dico con franchezza, che i segni di intolleranza nascessero da un livore politico nei confronti del governo e della maggioranza più che da un dissenso su punti della riforma.
Il cammino della riforma è ancora lungo. Il Parlamento continuerà a lavorare secondo il dettato dell’art. 138 della Costituzione che non è stato mai messo in discussione. Servono quattro letture, quattro approvazioni parlamentari del medesimo testo. 
Se la Camera valuterà necessario apportare modifiche, lo farà ma, alla fine, la riforma sarà approvata e questa legislatura avrà assolto al compito di aver posto fine al bicameralismo paritario, aver ridisegnato le competenze di Stato e Regioni, aver abolito le Province e il Cnel.Non è poco.