Oltre 500mila firme online per chiedere il referendum contro l`autonomia differenziata. Valeria Valente, senatrice del Pd componente della commissione Affari costituzionali, che segnale rappresenta?
«Un segnale molto positivo. Non siamo di fronte soltanto alla pur meritoria capacità di mobilitazione di associazioni, sindacati e partiti contrari alla riforma. Siamo di fronte ad una crescente consapevolezza da parte di cittadini e cittadine di quale sia la posta in gioco e quale siano le possibili conseguenze di questa secessione di fatto. Inizia a diffondersi la coscienza – non solo al Sud – che un paese a due velocità sul piano dei diritti e dei servizi e la compressione dei principi di coesione e unità nazionali sanciti dalla Costituzione avranno un impatto negativo sulla vita di tutti».
Una cosa è raccogliere le firme e un`altra sarà, nell`eventualità ci fosse il referendum, portare la metà più uno degli elettori italiani alle urne.
«Certo, infatti la raccolta delle firme per il referendum è una prima e importante tappa a cui dovranno seguire un impegno diffuso e una campagna di informazione capillare per continuare a far comprendere il pericolo che l`Autonomia differenziata rappresenta. Alcune Regioni, compresa la Campania, hanno presentato il ricorso alla Corte Costituzionale. Ci sono dunque tutte le premesse perché nasca un movimento civile, fatto da associazioni, sindacati, partiti, istituzioni e soprattutto persone e cittadini a difesa della Repubblica».
Ma in cosa, secondo lei, l`autonomia penalizza in concreto il Paese e il Sud?
«Questa legge cristallizza e acuisce lo storico gap sul piano dei diritti e dei servizi, garantendoli al Nord e non al Sud. Penso al tempo pieno nelle scuole per esempio, fondamentale per l`educazione dei nostri ragazzi e per l`occupazione delle donne, oppure alla sanità. Ma questa riforma pone inoltre un`ipoteca pesante sulla crescita del paese. Sia perché senza lo sviluppo del Sud non può esserci sviluppo nazionale, sia perché delegare alle Regioni materie come l`energia o le infrastrutture, per esempio, è una scelta antistorica e miope: siamo di fronte a sfide europee, come si può pensare di affrontarle regionalizzando? Così si indebolisce il sistema paese rendendolo meno competitivo».
L`articolo 4 della legge chiarisce che senza i Lep non ci sarà autonomia. Non è una garanzia che il Mezzogiorno non sarà penalizzato?
«La legge in linea astratta prevede addirittura che debbano essere finanziati per essere trasferiti. Il punto è che non ci sono le risorse, perché è una legge ad invarianza finanziaria. È una pericolosa presa in giro. Si fa poi carta straccia dell`articolo 119 e del Fondo perequativo che dovrebbero essere il fondamento per garantire una devoluzione giusta ed equa».
Se l`autonomia è legge, però, c`è anche la responsabilità del centrosinistra che nel 2001 ha votato la riforma del titolo V della Costituzione.
«Abbiamo detto che quella riforma meritava un “tagliando” per correggere le distorsioni della sua concreta attuazione, tanto da aver presentato un nostro ddl, in particolare in relazione ad alcune materie che non possono essere delegate, come l`istruzione o la sanità. La destra la critica ma ne dà oggi piena e peggiore attuazione: quale coerenza c`è? Nessuna. Contro la riforma Calderoli si sono espressi da Confindustria ai sindacati, dall`Ufficio parlamentare di bilancio a Banca d`Italia, non dimenticando la Cei e tante amministrazioni locali con le loro relative associazioni. Lo abbiamo registrato anche nelle audizioni in Commissione. Come può la destra procedere come se niente fosse?».


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