Vicepresidente della delegazione italiana al Consiglio d`Europa e senatrice del Pd, Sandra Zampa, oltre a rammaricarsi della confusione ancora troppo diffusa («persino nei media»), tra l`organismo di cui è componente e il Consiglio europeo, ha un giudizio molto severo dell`approccio «securitario» del governo alle politiche migratorie. Opinione rafforzata dalla recente missione del Comitato per le migrazioni e i rifugiati del Consiglio, che ha voluto un sottocomitato ad hoc per valutare la situazione a Lampedusa e in Sicilia.
Senatrice, che cosa ha visto in Sicilia? Di cosa ha bisogno chi arriva a Lampedusa?
Si tratta di persone con storie, culture e percorsi migratori differenti. I dati dimostrano una diminuzione degli arrivi nel 2024 e pensiamo che questo sia dovuto al fatto che per molti migranti è cambiato il percorso. Sempre di più passano dalla Tunisia, che purtroppo sta diventando pericolosa quanto la Libia. La stragrande maggioranza è fatta di uomini, le donne sono il 10% e il 5% sono bambini con almeno uno dei due genitori. Il resto sono minori non accompagnati.
Cosa avete visto a Lampedusa?
Il sistema di soccorso è efficiente. La popolazione locale non mostra segni di insofferenza. La Guardia costiera interviene con tempismo, l`abbiamo constatato coi nostri occhi e abbiamo visto persone motivate e impegnate. Certamente il centro non era sovraffollato, nei giorni della missione.
E cosa non va?
L`hotspot è malconcio, fatiscente, anche se la gestione della Croce Rossa dà buoni risultati, così come il lavoro delle Ong impegnate. Siamo sotto gli standard minimi, in particolare per quanto riguarda docce, bagni e camerate. Ma questo non può essere imputato a chi lavora lì, ma al ministero dell`Interno. Non oso immaginare cosa significhi stare lì con 45 gradi.
Che conclusioni ha tratto la sottocommissione?
Parlando con i migranti e le persone impegnate nella loro assistenza, quello che è venuto fuori con più evidenza è che Lampedusa non è la porta d`accesso all`Italia, ma all`Europa. Per questo nel rapporto stilato dalla sottocommissione affermiamo la necessità della solidarietà: il problema del migrante a Lampedusa non parla solo all`Italia ma interroga tutta l`Europa.
Il decreto migranti prevede una stretta sugli avvistamenti aerei delle Ong. Che ne pensa?
Le cose buone che abbiamo visto in Sicilia le dobbiamo alla partecipazione della società civile, delle associazioni di volontariato e all`impegno di molte Ong. Temo che introdurre l`obbligo di segnalazione per gli aerei delle Ong serva a far intervenire una nave per portare i migranti direttamente in Albania saltando lo sbarco in Italia e credo che questo monitoraggio consentirà l`intervento della Guardia costiera libica senza dare il tempo alle imbarcazioni di arrivare in acque gestite dall`Italia. La realtà e che non si vuole salvare, ma respingere a qualunque costo, anche della vita dei migranti.
Perché il governo adotta questa strategia secondo lei?
Meloni non può permettersi di sostenere in Europa che i flussi non riguardano solo i Paesi di primo arrivo, perché gli Stati che non vogliono accogliere sono rappresentati dai suoi alleati.
Le condizioni dell`hotspot di Lampedusa cosa indicano?
Che l`Italia non vuole far vedere che spende soldi per i migranti e preferisce spendere per un centro nuovo in Albania.
E che idea si è fatta dell`accordo con Tirana?
Che non funzionerà mai. Per altro mi pare che il primo tentativo sia stato un flop “terraqueo`,` come direbbe la premier. Meloni ha sfidato la magistratura inutilmente perché i giudici non possono che applicare una sentenza europea, sentenza che peraltro era ampiamente nota. La premier ha voluto insistere, dimenticando che stiamo parlando di persone, con una propria dignità, e usando la migrazione come una bandiera ideologica. E poi, pretendere di dire che Paesi come l`Egitto, dove un nostro connazionale – Giulio Regeni – ha trovato una morte terribile è grave. Senza contare l`impiego della Marina militare per scortare 16 persone e i soldi di chi paga le tasse buttati in un progetto inutile.
Meloni sostiene che è un modello apprezzato in Europa.
Credo sia meno vero di quanto voglia farci credere e sono felice che la famiglia socialista abbia palesato a Von der Leyen la propria contrarietà. Ma è anche il segnale della difficoltà di un`Europa che non ha la forza politica necessaria per affrontare il problema. Soluzioni di questo tipo somigliano tanto a nuove forme di colonialismo, che per altro ignorano le mancanze di molti Stati europei nei confronti dei Paesi di provenienza. Lo sguardo sui migranti e sui flussi migratori può cambiare. Ma quello che abbiamo visto con la sottocommissione è solo una parte del problema, manca tutto ciò che sfugge al sistema di accoglienza, è lì che bisogna guardare per comprendere la portata del fenomeno.


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