Il disegno di legge colma una grande anomalia democratica. La data del 30 luglio riguarda una persona e non una legislatura
Quella proposta non risale ad oggi. È stata depositata quasi un mese fa», spiega il capogruppo Pd al Senato Luigi Zanda parlando del disegno di legge che prevede di cambiare la legge 361 del 30 marzo 1957 sostituendo il principio di ineleggibilità con quello di incompatibilità. Sarà anche così ma nel giorno in cui il suo collega Felice Casson chiede «l`acquisizione delle carte della sentenza d`appello di Milano» perché «contiene elementi utili ai fini di valutare l`eleggibilità di Berlusconi», la notizia torna di grande attualità.
Zanda, lei insieme a Massimo Mucchetti è tra i primi firmatari di un ddl che prevede l`eventuale incompatibilità e quindi non la decadenza automatica. Insomma, Berlusconi una volta eletto dovrebbe scegliere: o lo scranno o l`azienda. Una proposta che sta suscitando durissime polemiche nel Pdl e nel M5S.
«Primo, il ddl Mucchetti non opererà per il caso Berlusconi che verrà esaminato nelle prossime settimane dalle Giunte per le elezioni del Senato. Se diverrà legge questo non potrà accadere, secondo un calcolo medio favorevole, prima di uno o due anni. La legge del `57 sinora non ha mai operato. Secondo, con la norma Mucchetti non solo l`amministratore ma anche l`azionista rilevante sarebbe costretto a scegliere: o si dimette dal Parlamento o vende le aziende. Mi sembra una norma di gran buon senso».
Il Pd è in subbuglio, dopo il voto sulla sospensiva al Pdl. È solo un problema di comunicazione o il vero nodo è questa alleanza?
«Non credo affatto si tratti di un problema di tenuta del nostro partito. Questa è una legislatura che vede in campo questioni molto delicate: dalla crisi economica alle riforme istituzionali, dagli F35 ai problemi personali di Berlusconi che hanno riflessi sull`attività parlamentare. Per quanto ci si sforzi di produrre informazione sull`attività che svolgiamo mi rendo conto che non basta mai».
 Zanda, il fatto è che sempre più spesso le decisioni che prendete a Roma, in Parlamento o al Nazareno, non sono condivise dalla vostra base. Non rischiate di perdere per strada altri elettori?
«È l`ultima cosa che vogliamo, per questo dobbiamo spiegarci sempre meglio e quando lo facciamo i cittadini capiscono. Non possiamo lasciare che tutto diventi usato strumentalmente per attaccare il Parlamento. Noi abbiamo cercato di spiegare ai nostri elettori perché non era possibile non concedere al Pdl tre ore di tempo per lo svolgimento di una loro assemblea, come è sempre accaduto da quando esiste il Parlamento italiano. E sempre stato concesso un tempo adeguato ai gruppi per riunirsi, è stato fatto per il Pd come per ogni altro partito che lo ha chiesto. Non penso che noi avremmo potuto negare al Pdl la possibilità di riunirsi mentre altra cosa era la richiesta iniziale di Renato Brunetta di fermare il Parlamento per tre giorni. Era una proposta inaccettabile che il Pd ha respinto al mittente senza alcuna esitazione, impedendo l`interruzione dei lavori parlamentari e potendo così procedere all`importante approvazione del Ddl costituzionale, primo passo verso le riforme istituzionali di cui il Paese ha bisogno».
 Eppure da questa vicenda l’unico ad esserne uscito con le ossa rotte è stato il Pd che ha visto divisioni anche all’interno dei propri gruppi.
«Non parlerei di divisioni. Al Senato abbiamo avuto un confronto approfondito nella riunione dell’Ufficio di Presidenza del gruppo da cui si è usciti con una decisione presa all’unanimità, mentre alla Camera su oltre 300 deputati sono stati solo una quindicina ad essersi distinti».
Epifani è tornato a dire che il Pdl deve smetterla con gli ultimatum. Quanto crede che potrà durare questa convivenza con il partito di Berlusconi?
«Io parto da due considerazioni: questo è un governo di necessità e la fiducia che abbiamo votato, oltre che per la stima per Enrico Letta, nasce dalla consapevolezza che la situazione del nostro Paese è drammatica. C’era bisogno di dare un governo all’Italia, ne avremmo preferito un altro, ma alla luce dei risultati delle elezioni, con due maggioranze diverse a Camera e Senato, non ci sono state alternative. La seconda considerazione riguarda la legge elettorale. L’ho detto più volte in Senato e lo ripeto oggi: dobbiamo abrogare il Porcellum, è una priorità assoluta. Non possiamo permetterci di tornare al voto con queto sistema elettorale. A settembre dobbiamo iniziare l’iter per l’approvazione. Deve diventare la grande priorità politica del Pd e del Parlamento. È questa la condizione per ottenere la fiducia degli italiani».
Lei parla di settembre ma sulla legislatura incombe la data del 30 luglio, quando la Cassazione si pronuncerà sul processo Berlusconi.
«La data del 30 luglio incombe su una persona, non sulla legislatura. Non è possibile permettere che le decisioni della magistratura su una singola persona, anche se leader di un partito importante, condizionino la vita di un intero Paese. Questo equivarrebbe a mettere a rischio lo stesso sistema democratico».
Alcuni ministri non hanno fatto mistero della loro intenzione di uscire dal governo nel caso in cui il loro leader fosse condannato.
«Trovo molto azzardato che dirigenti politici del Pdl ipotizzino le conseguenze di condanne che non sono ancora arrivate. Lasciamo lavorare i giudici».
Ma è vero o no che la vostra base vi chiede di mettere fine a questa maggioranza?
«Quello che so, parlando con i moltissimi militanti che incontro e che mi scrivono è che il nostro popolo non vuole tornare al voto con questa legge elettorale».
E quanto influirà il vostro congresso sulla tenuta del governo?
«Il Pd ha bisogno di un congresso nel quale si dibatte sui problemi dell`Italia, su come uscire dalla crisi, sulle prospettive in Europa e sull`idea di partito che abbiamo, il profilo e l`identità che vogliamo dargli. Di questo abbiamo bisogno, di riuscire a suscitare dibattito nei circoli e nei territori per dare al partito quella stabilità e quella forza necessarie a trasmettere nuova fiducia negli elettori. Accorciare la vita di questo governo
che ha come mission quella di fare le cose di cui c`è assoluta urgenza non aiuta né il Pd né gli italiani».



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