Il senatore Luigi Zanda è uno dei vecchi saggi del Partito democratico. Viene dall`esperienza della Margherita, ma è buon amico di Nicola Zingaretti. Con il quale ha parlato ieri mattina. «E ho capito che la sua decisione è definitiva». Né pensa che Zingaretti si candiderà a sindaco di Roma. «Mi sembra che non ne abbia alcuna intenzione». Perciò Zanda invita tutti i suoi a guardare avanti. Ma soprattutto a guardarsi dentro. «Perché c`è un male oscuro della sinistra da vincere: la tendenza a dividersi, la tendenza alla scissione».

Senatore, sembra che Zingaretti faccia sul serio.

«Sì, non accetterà di ritirare le dimissioni».

Una decisione umorale o politica?

«Assolutamente politica. Zingaretti è stato un segretario importante per il Pd. Quando l`ha preso in mano, era a pezzi, reduce da un`umiliante sconfitta referendaria e una grave sconfitta politica alle elezioni. Poi c`era stata la pericolosissima scissione di Renzi, che s`è portato via 18 senatori con l`intento dichiarato di mangiarsi il partito. E invece con Zingaretti, il Pd ha retto e aveva ricominciato anche a vincere. Aggiungo che ha affrontato due travagliate crisi di governo. Ecco, credo che le ripetute richieste di nuove primarie, anticipate prima della scadenza naturale del 2023, lo abbiano spinto alla decisione».

Tensioni che non nascevano dal nulla, ma da un problema di strategia. Lei stesso è stato tra i più insofferenti alla prospettiva di una alleanza strutturale con i Cinquestelle, no?

«Mai pensato che potesse essere un`alleanza strutturale. Ma perché in politica le alleanze sono sempre tattiche. Dipende dalla fase del momento».

E ora?

«L`assemblea della settimana prossima nominerà un reggente o una reggente».

Tutto qui?

«No, ovviamente. Abbiamo davanti due problemi irrisolti che vanno affrontati una volta per tutte. Primo, quale identità per questo partito; forse in altri partiti questa è una esigenza meno sentita, ma il Pd ha assoluto bisogno di avere una visione a lungo termine. Secondo, riflettere sul modo di stare assieme. Ha scritto bene Federico Geremicca sul vostro giornale: non è normale che i due leader che hanno ricoperto la segreteria più a lungo, intendo Bersani e Renzi, poi abbiano dato vita a scissioni. Dobbiamo imparare a dialogare tra amici».

Nostalgia di quando c`era la Balena bianca?

«Lasciamo perdere le balene. Noi dobbiamo capire fino in fondo che cosa significa un partito plurale, dove convivono filoni diversi, e quindi dialogare senza toni ultimativi e senza la tentazione continua della scissione».

Lei sa bene che le scissioni sono nel Dna della sinistra.

«Ed è un vizio che la sinistra deve correggere. L`Italia sta attraversando un momento terribile. La pandemia ha accelerato trasformazioni profonde dell`economia e della società. Per affrontarle, occorre un governo saldo e partiti altrettanto stabili, uniti, con visioni lungimiranti. Così come sono un male i frazionismi nei partiti, così sono un male governi deboli e di corto respiro».

E intanto il Pd si dibatte tra chi guarda a Conte e chi lo fugge.

«Mi pare che Giuseppe Conte abbia accettato la leadership del M5S: bene, è un elemento di chiarezza del quadro politico. Noi guardiamo piuttosto al nostro bacino di voti. Dieci giorni fa, un sondaggio ci dava al 20% e poi subito dopo uno che ci dà in calo. Io penso che dobbiamo aspirare al 25 o 30%. Pensiamo alle nostre politiche, allora. Non ad annessioni».

E il famoso intergruppo con M5S e LeU?

«Mi pare che se ne sia parlato un pomeriggio e poi mai più».

Bussano alla vostra porta le famose Sardine. Aprirete?

«Le Sardine sono state un movimento a noi molto vicino. Hanno aiutato Stefano Bonaccini a vincere le elezioni in Emilia-Romagna. Sono sicuramente una voce della sinistra da ascoltare».

Scusi Zanda, ma non le pare che con Draghi si sia entrati in una nuova fase politica e Zingaretti si attardasse in quella vecchia?

«No, Zingaretti ha sostenuto la continuità di governo. Che è quanto ci chiedevano gli alleati, l`Europa, e anche il Capo dello Stato. Finché c’erano i voti, ha retto il Conte II. Quando i voti sono mancati, perché Renzi è andato via e i Responsabili non sono mai arrivati, è nato il governo Draghi». –


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