“Non firmerò per dividere in più quesiti una riforma costituzionale che il Parlamento ha votato in un testo unitario. Assolutamente no”. Lo afferma in un’intervista all’HuffingtonPost il capogruppo del Pd al Senato, Luigi Zanda. E aggiunge: “Poi c’è un argomento dirimente che dovrebbe fare chiarezza. L’articolo 138 della nostra Carta prevede un procedimento unico per la revisione della Costituzione. Questo procedimento prevede i passaggi nelle due Camere ed eventualmente il referendum se viene richiesto da un certo numero di parlamentari o di cittadini. Ma il procedimento rimane unico. Non mi sembra possibile che il testo venga cambiato nel passaggio dalla fase parlamentare a quella referendaria. Per spiegare meglio la dico anche così: nessuno può sapere che riforma sarebbe uscita se il testo che le Camere hanno approvato intero fosse stato diviso – spacchettato – in più testi. E chiedo ancora: qual è l’autorità competente a stabilire i quesiti che dovrebbero essere sottoposti al referendum?”. Zanda precisa quindi che “certamente il gruppo del Pd non raccoglierà le firme” per lo spacchettamento precisando che “con più quesiti potrebbe raggiungersi un esito bizzarro. Ad esempio, se dividi la riforma in più parti può succedere che venga approvato il nuovo Senato e bocciata la possibilità che a dare la fiducia sia una sola Camera. Poi” per i sostenitori dello spacchettamento “c’è un’altra tesi, più politica. E cioè che più quesiti servirebbero a raffreddare il clima politico, ma nemmeno questo mi pare un argomento utile. I referendum, di qualsiasi tipo siano, dovendo rispondere con un sì o un no, sono sempre stati divisivi, anche virtuosamente divisivi. È nella loro natura che, diciamo così, scaldino un po’ il clima politico”.
Sui “toni” di Matteo Renzi sul referendum, Zanda afferma: “Uno degli sport nazionali di questi anni è il termometro sui toni del presidente del Consiglio. Personalmente sono molto più attento alla linea politica, al merito, alla soluzione dei problemi. La situazione dell’Italia e dell’Europa è così seria in questa fase che è necessario far prevalere la discussione sul merito”. E aggiunge: “L’eventuale risultato negativo del referendum colpirebbe innanzitutto il Parlamento. Ha discusso per due anni della riforma, l’ha approvata in sei letture, mi pare evidente che se la dovesse vedere bocciata dai cittadini sarebbe colpito dal risultato”. Per il capogruppo dem: “Al referendum vinceranno i sì, perché c’è il contenuto forte della riforma e perché gli italiani hanno un grande senso di responsabilità e non possono votare in modo umorale sulla Costituzione. E aggiungo: sarà questa la maggioranza di qui alla fine della legislatura. Non vedo alternative in Parlamento”.