“Dipende se la presidente del Consiglio va
negli Stati Uniti con il cappello in mano per diventare junior
partner in Europa di Trump o se tiene la schiena dritta e dialoga
con il nuovo presidente Usa a nome di tutta l’Europa”. Con queste
parole Alessandro Alfieri, senatore del Pd e responsabile riforme
e Pnrr della segreteria di Elly Schlein, risponde alla domanda di
Affaritaliani.it se il rapporto privilegiato tra Giorgia Meloni e
Donald Trump non sia un’occasione per il nostro Paese.
“E’ evidente che l’Italia ha una finestra di opportunità,
visto che Macron fin dal primo mandato di Trump non ha mai avuto
buoni rapporti con la Casa Bianca, parlando di morte cerebrale
della Nato, e dato che la Germania va verso elezioni federali con
una grande incertezza politica sul dopo voto. Nonostante la
maggioranza di Centrodestra litighi, in Italia c’è un’indubbia
stabilità politica che in altri grandi Paesi dell’Ue non c’è.
Però, come ho detto, dipende da come si comporta la premier”.
Alfieri prosegue: “Faccio un esempio che è quello dei dazi.
Meloni può accontentarsi di avere qualche sconto sulle
esportazioni di vino, del parmigiano o di altri nostri beni ma se
lascia che gli Usa massacrino la Germania, ad esempio, questo
sarebbe un fortissimo danno anche per noi perché tutto il tessuto
delle piccole-medie imprese del Nord Italia e non solo è
strettamente connesso al manifatturiero tedesco. Meloni sarà in
grado di parlare a nome di tutta l’Unione europea sui dazi con
Trump?”.
“Altro esempio fondamentale- sottolinea
Alfieri- è la trattativa con SpaceX di Starlink di Elon Musk e su
questo punto in particolare tutte le opposizioni in Parlamento,
nessuna esclusa, sono compatte e abbiamo tutti chiesto alla
presidente del Consiglio di riferire al più presto in Aula perché
c’è la gravissima possibilità di una cessione di sovranità
nazionale. L’unico modo di contare per l’Europa è quello di avere
una sicurezza e una difesa comune, sia per fermare i conflitti in
atto sia per garantire stabilità al nostro continente”.
“Il timore è che Meloni ottenga di non arrivare al 2% del Pil
per le spese militari nella Nato come chiesto dagli Usa ma che in
cambio sul fronte della difesa e della sicurezza si acquisti da
società americane. Significherebbe affossare in partenza
l’autonomia strategica dell’Ue perché la difesa europea si
costruisce con la convergenza delle industrie della difesa
europea e investendo su tecnologie e progetti comuni. E quindi
torniamo alla domanda iniziale: Meloni parlerà con Trump a nome
di tutta l’Ue o farà la junior partner della Casa Bianca?
Purtroppo, dalle prime mosse, sembra essere lusingata dal secondo
di ruolo”, conclude Alfieri.