Facciamo parlare i numeri, che non mentono e non fanno propaganda. C`è una categoria che sta pagando cara la politica di questo Governo. E sono anzitutto i lavoratori dipendenti, i pensionati, chi versa l`Irpef. Quell`aumento delle entrate di cui si parla tanto in questi giorni è a carico loro. Basta leggersi il bollettino del Mef: rispetto allo scorso anno il gettito Irpef è cresciuto di oltre un punto! Significa che per questi italiani la pressione fiscale è salita ulteriormente. Altro che attenzione alle buste paga…».
Francesco Boccia usa toni pacati per lanciare la stoccata. Il Capogruppo del Pd al Senato punta dritto su uno dei cavalli di battaglia della destra di governo: la riduzione del carico fiscale che «non c`è». Boccia parte dal rendiconto generale dello Stato appena approvato a Palazzo Madama. «L`assestamento per il 2023 aveva già messo in evidenza il peggioramento delle nostre finanze pubbliche. Conti sempre più in rosso, minori entrate determinate in gran parte da riduzione del gettito Iva e spese per interessi aumentate. La Corte dei conti e la Ragioneria generale dello Stato – presidi fondamentali di garanzia e terzietà nella gestione del bilancio e della tenuta dei conti pubblici – avevano prodotto già nel 2023 documenti per denunciare gli effetti negativi dell`azione di governo. Denuncia costata cara. Corte dei Conti esautorata dai controlli su Pnrr e Ragioniere generale dello Stato sostituito».
Si riferisce alla nomina di Daria Perrotta a Ragioniere generale dello Stato?
Non metto in discussione il profilo di chi è stato nominato, ma norme e numeri non sono la stessa cosa. È la prima volta che una personalità competente sul piano giuridico, di staff del ministro, diventa il Capo della Ragioneria, uno dei Dipartimenti più sensibili della Repubblica. Un Capo del legislativo così come un Capo di gabinetto sono scelti in base a un rapporto fiduciario, che non può essere quello che si ha con una figura di alta burocrazia di questo livello. Tutti ci siamo ritrovati a lavorare con tutti. Ma un conto è la politica, l`appartenenza, altro è l`imparzialità dell`amministrazione che va sempre garantita. Il “no” della Ragioneria non è un “no” politico ma di rispetto dei principi di contabilità.
Torniamo ai numeri. L`ultimo atto del Senato è stata l`approvazione da parte della maggioranza del rendiconto generale: che cosa se ne ricava?
I dati sulle entrate gettano ombre sul futuro. Le misure di condono e rottamazione seguono la logica dei “pochi maledetti e subito”. La rottamazione quater avrebbe dato sulla carta un risultato superiore alle attese, 6,8 miliardi contro i 2,8 previsti, ma molti di coloro che hanno aderito lo hanno fatto per farsi un`assicurazione sulla vita contro la riscossione ordinaria. Risultato: in tanti hanno pagato una o due rate e poi basta. E infatti mancano ben 5,4 miliardi di rate non versate. E sa perché?
Immagino che la domanda sia retorica…
Chi non paga confida che Governo e maggioranza di destra non faranno mancare loro un`altra proroga, un`altra rottamazione. Ed è quello che sta accadendo.
Il governo però assicura anche che rinnoverà il taglio del cuneo fiscale: siete favorevoli o no?
Siamo talmente favorevoli che abbiamo proposto già un anno fa di renderlo strutturale. Ma la verità è che il taglio del cuneo è stato assorbito dall`aumento delle addizionali regionali e comunali e dunque in busta paga benefici non se ne sono visti. Questo è il Governo degli annunci. Basta guardare cosa ne è stato dell`attuazione della delega fiscale. Non hanno fatto nulla e Giorgetti l`unica cosa che ripete è che vanno trovate nuove risorse.
Lei dunque non crede al “tesoretto”, a quei io miliardi che potrebbero arrivare dall`incremento delle entrate?
Il bollettino del Mef di giugno indica dati apparentemente positivi che ad una lettura attenta disvelano però scenari preoccupanti. Come ho già detto all`inizio, dall`analisi della composizione percentuale per tipologia di imposta emerge che ad aumentare rispetto allo scorso anno è solo l`Irpef. Quindi a sostenere questo “tesoretto” sono i contribuenti dipendenti sia privati che pubblici.
Entro il 20 settembre andrà presentato a Bruxelles il Piano di rientro dal disavanzo: quanto peserà sulla manovra?
Parliamo di una correzione di 10-12 miliardi. Poi solo per confermare quello che già c`è, a cominciare dal taglio del cuneo e dalla rimodulazione dell`Irpef ma anche misure annuali che questa maggioranza ha voluto, serviranno altri 20 miliardi. Ma quello che vorremmo capire è dove prenderanno le risorse per finanziare scuola, sanità, assistenza. Al momento si naviga al buio perché il Governo – altra grave anomalia ha presentato solo il tendenziale.
A proposito di sanità e scuola: siete davvero convinti che l`Autonomia penalizzerà il Sud? Lei quando era al governo al posto che oggi occupa Roberto Calderoli non era contrario, ora raccoglie le firme per il referendum. Ci ha ripensato?
Affatto, e resto convinto che avessimo imboccato la strada giusta perché la nostra proposta poggiava sul principio di sussidiarietà e non a caso fu la legge quadro approvata all`unanimità da tutte le Regioni e anche dalle città Metropolitane. Ma soprattutto noi mettemmo subito le risorse sul tavolo: 4,6 miliardi con la legge di bilancio destinati al fondo di perequazione per le infrastrutture che in io anni sarebbe dovuto arrivare a 50 miliardi.
Il ministro Calderoli nell`intervista a Gianni Trovati sul Sole 24 Ore di ieri sostiene che parte delle risorse dovrebbe arrivare dalla spending review regionale per «stanare le inefficienze. Che ne pensa?
Calderoli conferma la pericolosità sociale della sua legge. L`autonomia finanziata dalla spending delle Regioni è un ossimoro oltre che uno strafalcione giuridico. Le Funzioni anziché le materie, senza risorse, disarticolano in ogni caso le istituzioni regionali dallo Stato centrale e indeboliscono il principio di coordinamento della finanza pubblica che la costituzione assegna allo stato centrale senza tentennamenti. Lep e Lea non sono la stessa cosa e continua a non dire dove troveranno gli 8o/i0o miliardi necessari per finanziare i Lep. Paragona poi grottescamente la sua legge a invarianza di spesa, che è un collegato strumentale senza risorse alla legge di bilancio, alla riforma della previdenza del Governo Monti del 2011 che di fatto valeva tutta la manovra 2012 e per questo motivo il referendum non fu accolto. Calderoli e il Governo Meloni non si sostituiscano anche alla Consulta. La loro insofferenza per i contrappesi democratici è nota ma la Corte costituzionale non ha bisogno dei consigli di Calderoli.


Ne Parlano