“Elly Schlein non rappresenta
l’affermazione di una delle culture originarie che diedero vita al
nostro partito. Al contrario, rappresenta l’arrivo di una nuova
cultura che ha dato una speranza a molte persone. E in politica, chi
sa accendere la speranza va sempre salutato con attenzione e rispetto,
e anche con fiducia. Per rimanere al nostro campo, seppero dare
speranza Prodi e il suo Ulivo, e poi Veltroni all’inizio
dell’esperienza del Pd”. Così il senatore Pd, Enrico Borghi, su Fb
postando una sua intervista a L’Espresso.
“Il punto politico che a me interessa è l’esperimento che inizia ora:
sapremo dare sostanza ad una sintesi tra la cultura che esprime la
segretaria e quelle che esprimiamo noi ‘istituzionali’, per dare vita
ad una moderna sinistra di governo (io preferisco centrosinistra ma
capisco la crasi giornalistico-politica)? Sapremo evitare in Italia la
deriva minoritaria? Qui sta il punto”.
“Penso che il punto chiave del futuro sia ricomporre le fratture
sociali, culturali e quasi antropologiche che esistono nella nostra
società: tra città e campagna, tra ceti produttivi e dipendenti
pubblici, tra giovani e anziani, tra Nord e Sud… Dentro queste
fratture è soffiato il vento della paura e del rancore che ha gonfiato
le vele della destra. Che può essere sgonfiato da una proposta che
appaia nuova ma non velleitaria, concreta ma non governista a tutti i
costi, valoriale ma non ideologica. E che questa proposta possa
nascere dalla sintesi interna al Pd, non per idolatrare il feticcio
muto dell’unità interna ma per costruire le ragioni di una nostra
compattezza in maniera dinamica e sul piano della sintesi politica,
che è una crescita collettiva di tutti. Per questo penso sia il tempo
non solo di rimanere, ma di impegnarci dentro quella sintesi di
culture di cui ho parlato all’Espresso”.