Quello sul nome “lo ritengo un dibattito surreale. Nomina sunt consequentia rerum, dicevano i latini: i nomi discendono dai fatti. Non il contrario. Se si ritiene di dovere interrompere l’esperienza del Pd e di un centro sinistra di governo, sintesi dei riformismi, per rifondare una sinistra che non ha mai voluto fare i conti con la fine del Novecento, si faccia pure. Ma sottolineo che e’ Articolo Uno che entra nel Partito Democratico, non il contrario”. Lo dice all’AGI il senatore e responsabile sicurezza del Pd, Enrico Borghi, a proposito dell’idea di cambiare il nome al Partito Democratico, rilanciata da una parte della sinistra dem – tra cui Peppe Provenzano e Andrea Orlando – e dal sindaco di Bologna, Matteo Lepore. “Quando il Psiup rientro’ nel Psi o il Pdup rientro’ nel Pci non ci furono discussioni di questo genere”, aggiunge Borghi. “Nella vita reale ci si attende che il Partito Democratico dia segnali di interlocuzione con quegli elettori che si sono persi in quetsi anni. Trovo”, aggiunge Borghi, “che sia stata data troppa enfasi al rientro di Articolo Uno, partito da cui mi sarei atteso una riflessione – quantomeno – sul fallimento di una scissione che ha prodotto danni a tutto il centrosinistra. Se penso ad alcuni leader di Articolo Uno che non hanno mai creduto nel Partito Democratico, questo dibattito mi sembra paradossale e surreale”. Un riferimento implicito a Massimo D’Alema il cui eventuale rientro nel Partito Democratico sta facendo molto discutere dentro e fuori la galassia dem. Un dibattito, questo, che sta sacrificando anche la parte contenutistica del congresso in corso: “Dobbiamo evidentemente fare un salto di qualita’ dal punto di vista della proposta politica che, ad oggi, risulta essere troppo interna corporis. Son convinto che le regole funzionino se rimangono fisse negli anni e non si modificano a seconda della classe dirigente. Ora spero ci si concentri sulle politiche per offrire una alternativa a questa destra. Una alternativa che non sia succube del trasformismo di matrice statalista fondato sul debito pubblico rappresentato da Giuseppe Conte”. (AGI)Mol 231546 GEN 23 NNNN


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