Calata l’attenzione sul fenomeno criminale anche l’Antimafia privilegia la Sicilia
Quando, il 13 marzo 2008, l`avvocato Michele Santonastaso lesse alla corte d`appello d`Assise napoletana la sua istanza, Rosaria Capacchione era cronista attiva del Mattino. Impegnata, con i suoi articoli, a raccontare la realtà della mafia dei Casalesi. Pesanti furono le parole che, nei suoi confronti, usò il difensore di Antonio Iovine e Francesco Bidognetti: «prezzolata al servizio dei pm». Comprensibile la delusione di Rosaria, oggi senatrice del Pd, sulla sentenza.
Che ti senti di commentare sulla sentenza?
«Dopo la delusione provata alla lettura, ora prevale la curiosità di conoscere le motivazioni. Mi sfugge qualcosa».
Che vuol dire?
«Ragiono: ci poteva stare l`assoluzione per le minacce, riconoscendo solo la diffamazione. Ma, se si ritiene che l`istanza era minacciosa e aggravata dall`articolo 7, con la condanna unica si afferma che l`avvocato Santonastaso era uno dei capi dei Casalesi?»
Un`intimidazione minacciosa, non a conoscenza dei boss?
«Già, ma se esisteva un mandato in bianco di Bidognetti e Iovine su quell`atto, senza alcuna conoscenza di quanto veniva scritto, come si spiegano le dichiarazioni di alcuni pentiti sulle decisioni dei boss in quel periodo stragista?»
A cosa ti riferisci?
«Alla latitanza di Setola che fu appoggiata e vista con favore dai capi, con tutte quello che in quei mesi ne derivò di sangue e pericoli».
 La sentenza riconosce una minaccia, ma non la diffamazione: perché?
«Per un difetto procedurale. A Roma, invece, dove è finito il fascicolo stralciato per le querele di Federico Cafiero de Raho e Raffaele Cantone, il gip ha ritenuto di rinviare a giudizio gli imputati anche per il reato di diffamazione».
A che conclusioni porta questa sentenza?
«Resterà un fatto grave per l`avvocato Santonastaso. Influenzerà il processo in cui è imputato per associazione camorristica, dove hanno chiesto per lui una condanna di 22 anni».
Nel corso del processo, si è pentito Antonio Iovine. Che pensi delle sue dichiarazioni?
 «Sappiamo ancora tropo poco dei verbali. Quello che si conosce è verosimile, rispecchia ciò che so del territorio. Non è un pentito classico, bisogna aspettare».
 Cosa è rimasto oggi dei Casalesi storici?
«Quelli che abbiamo conosciuto non esistono più come organizzazione. Dico, però, che proprio ora corriamo un grave rischio. Non sono a conoscenza di gruppi che tentano la scalata sul territorio, ma avverto preoccupante disinteresse e fastidio su quest`argomento».
Perché, secondo te.
«La gente non se ne preoccupa, perché non si uccide e ritiene sia una questione chiusa ai criminali. I problemi di lavoro attuali assorbono ogni l`interesse nella mia provincia».
Che lavoro fa la Commissione parlamentare antimafia?
«Molta Sicilia, molta trattativa Stato-mafia, anche `ndrangheta. Sul territorio dei Casalesi, stento a trovare attenzione. Si è più attratti a realtà di folklore come quelle da fiction di Scampia. Ma la provincia di Caserta e quella di Napoli sono altro».
La commissione trascura la realtà camorristica?
«C`è un diverso orientamento di lavoro. Si preferisce occuparsi di fenomeni mafiosi collegati alla corruzione. Si punta a studiare le attività economiche che rischiano un possibile inquinamento».

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