Di ricordi ne ha tanti, alcuni lo fanno scoppiare a ridere ancora oggi, l`ultimo però lo racconta con una punta di commozione. Dopo la rielezione di Sergio Mattarella, grato per aver trovato in Berlusconi uno dei sostenitori alla sua candidatura al Quirinale, Pier Ferdinando Casini lo va a trovare ad Arcore. «Era gennaio, c`era molto freddo, abbiamo parlato di tante cose e dopo colazione mi ha fatto fare un giro nel giardino. Mentre camminavamo si appoggiava a me. .. capivo che non era saldo sulle gambe. Gli ho chiesto se avesse freddo e mi ha detto: “Sai Pier, mi chiedo a volte cosa rimango a fare ancora in questo mondo”. Io, preso alla sprovvista, gli ribatto sdegnato: “Ma cosa stai dicendo Silvio, non scherzare! Milioni di italiani ti vogliono bene, tu devi combattere”. Certo, è paradossale che glielo dicessi io, che non avevo condiviso tanti passaggi politici, ma negli anni aveva preso il sopravvento l`aspetto umano».
Quando è successo che gli ha parlato la prima volta?
«Erano gli anni Ottanta, quando seguivo per Forlani segretario della Dc la televisione: ero responsabile del settore assieme a Enzo Carra e Luciano Rasi e avevamo fatto monitoraggi dai quali emergeva che tutte le tv di Berlusconi sfacciatamente privilegiavano i socialisti. Forlani, che non voleva sporcarsi le mani con queste cose, ci chiese di andare a lamentarci».
E come andò?
«Avemmo un incontro con Berlusconi, Fedele Confalonieri e Gianni Letta, nella casa di via dell`Anima. Più che un incontro, fu uno scontro…a un certo punto, ci raccontò che aveva delle zie suore. E io lo apostrofai, “sì va bene, ma bisogna che appaiano in video queste suore, altrimenti non ci importa nulla”. Fu uno scontro abbastanza forte, fui io che andai in avanscoperta. Ma poi da lì maturò un sentimento di simpatia mai venuto meno».
Anche quando scese in campo nel 1993?
«Le racconto un episodio: prima della discesa in campo, era una giornata di autunno, vado da lui ad Arcore. Lui mi svela il suo progetto di allearsi al sud con l`Msi di Fini e al nord con Bossi e la Lega. E io gli dico: Silvio, non capisci nulla di politica, impossibile riuscire a fare un`alleanza con la destra di Fini e la Lega, che sono come cani e gatti».
E lui?
«Io guardavo il giardiniere che tirava su le foglie dal terreno e Berlusconi si rivolse a me così: “Hai appena detto la stessa frase che mi disse il presidente della Sampdoria, Mantovani, quando gli annunciai che avrei preso il Milan e avrei vinto la Coppa dei Campioni. Vediamo come va a finire questa volta”».
Poi vi fu la rottura del 2008. Lì come andò sul piano personale?
«Gli dissi cose dure: i nostri valori non sono in vendita, devi imparare che in Italia non si compra tutto. Ma poi ho sempre mantenuto un buon rapporto con Silvio. A differenza di Fini…». Con Fini non si prendevano, anche se fu lui a sdoganarlo nel 1992, giusto?
«Sì, con Fini non c`è mai stata empatia, non ho mai capito bene perché, con lui i rapporti sono sempre stati aspri, mentre con me tutto sommato, salvo in quei mesi del2008 il rapporto è stato sempre buono>
La migliore risata insieme che ricorda? «Mah, son talmente tante, alcune non sono ripetibili. Le dico una cosa più seria e una più lieve. Quando mori mio padre, lui trovò le parole giuste, “ci sono passato anche io Pier, finché non ti muore il padre non diventi mai grande. E oggi lo sei diventato”. Ancora le ricordo, perché dimostrava la sua grande umanità. Gli piaceva piacere ma a tutti, non solo ai potenti».
E l`episodio leggero?
«Eccolo, appunto: una sera lo invito a casa mia a cena, avevo una donna di servizio e ad un certo punto Berlusconi va in cucina a parlare con lei, una signora anziana, che gli racconta del figlio che non stava bene. Beh, venti giorni dopo lui torna a cena da me e va dalla signora a chiederle come stia il figlio. Una cosa abbastanza inconsueta, ma per lui no».
Era anche un gran furbone, non solo un buono, giusto?
«Allora: una volta si lamentava con me del fatto che uno di Forza Italia, non dirò il nome, voleva fare il ministro e lui non lo riteneva adatto. Era un personaggio non più attivo politicamente oggi. Io la prima volta non misi bocca, la seconda neanche, ma alla terza gli feci notare: “Silvio, lui vorrà pure fare il ministro… ma tu glielo hai promesso! “. E lui, senza fare una piega mi rispose: “Guarda un po`, anche voi giovani invecchiate e non vi ricordate bene le cose…”. Era fatto così».
Cosa lascia alla politica italiana?
«Nel bene e nel male, è stato un grande innovatore. Il lascito dei partiti personali non è un fatto positivo. Ma ha unificato la destra e la sinistra. Anche a sinistra, tante volte, invece di costruire coalizioni capaci di governare, si sono create alleanze capaci solo di battere lui. E questo ha ritardato l`esame di maturità per le varie componenti del centrosinistra. Lo stesso vale perla destra, dove le contraddizioni politiche sono state superate sempre nel nome del berlusconismo».
A dire il vero anche lei una volta nel 2009, in una nostra intervista su La Stampa, disse che avrebbe stretto un`alleanza col diavolo, che all`epoca per voi era Antonio Di Pietro, pur di combattere la deriva che aveva preso Berlusconi.
«Sì, ma poi andai da solo e non la feci questa alleanza. Quando mi sono diviso da Berlusconi andai da solo al voto. Il fatto che fosse un genio lo dimostra il fatto che quando nel 2008 ruppe con me, Silvio aveva capito che i voti che pensavo di sottrarre a lui in realtà li toglievo a Veltroni. Quella dinamica andò così e io gli ho fatto un favore».
Ora la sua eredità passa a Meloni o Salvini?
«Le eredità politiche non esistono, esiste chi se le prende, il problema è già stato risolto per incorporazione alle elezioni del settembre 2022. Non so poi che fine farà Forza Italia, non mi sembra un problema rilevante».
Ma potrebbe prenderne il testimone Renzi per un progetto al centro?
«Non lo so, e in ogni caso non ne farei parte».


Ne Parlano