Il vulnus che provoca nella democrazia ne causa il progressivo impoverimento, svuotandone l`universalità della rappresentanza.
Per capire il voto e il successo di Grillo occorre cogliere le tendenze che si muovono nel profondo della società italiana ed europea. La questione centrale – sono d`accordo con Michele Ciliberto – è l`accentuarsi di una crisi della sovranità, della rappresentanza, cioè della nostra democrazia. È la sfida di questo tempo. I mutamenti demografici hanno una loro incidenza: da un lato un invecchiamento e un crollo delle nascite in molti Paesi dell`
Occidente, dall`altro l`arrivo di immigrati, normalmente giovani, privati di sostanziali diritti civili, a cominciare da quello di voto.
Il vulnus che provoca nella democrazia ne causa il progressivo impoverimento, svuotandone l`universalità della rappresentanza. Il dato tuttavia di più rilevante spessore, in questa parte del mondo, è la fine storica degli Stati-nazione, senza che una nuova organizzazione democratica stia assumendo le responsabilità
che per secoli erano state loro affidate. È del tutto evidente che nel XXI secolo la politica estera e di sicurezza, quella ambientale e per far fronte alle sfide climatiche, la macro-economia, la moneta e le regole per transazioni finanziarie trasparenti, non siano più gestibili all`interno degli Stati-nazione: ma è altrettanto sotto i nostri occhi che l`Unione Europea come democrazia sovranazionale non sia dietro l`angolo.
Questi cambiamenti e il duplice deficit democratico – nazionale ed europeo – segnano la crisi di questi anni: la capacità di rispondervi determinerà il futuro delle forze progressiste nel Continente. Nella campagna elettorale questi temi – la dimensione della crisi, la necessità di una risposta europea, un`Europa diversa sono stati presenti, ma come una specie di cornice: invece sono l`asse culturale e il cuore programmatico di una forza progressista. Questo ragionamento non significa perdere di vista
l`esistenza – non certo esaurita – delle nazionalità, essenziali per la costruzione dell`Europa politica: è che oggi si tratta di governare la distinzione e più avanti, nel tempo che verrà, una separazione tra nazione e forma storica dell`organizzazione
statuale. La Lega aveva avvertito la questione, ma la risposta che ha costruito si
perde nel sogno arcaico di un ritorno agli staterelli regionali del 1800: noi dobbiamo saperla inquadrare nella prospettiva del federalismo europeo. Intanto Grillo ha dato una risposta approssimativa e provvisoria ma una risposta al bisogno delle persone di un rapporto diretto con la politica, al crepuscolo dello Stato-nazione, al ruolo della rete nella società della comunicazione, giocando a suo favore l`attenuarsi
della distinzione tra destra e sinistra. Questa distinzione si fonda infatti su una nuova cittadinanza, sull`uguaglianza, ma collegate all`idea di un`organizzazione democratica e statuale inedite, senza cui la stessa politica muore, venendo meno ogni soggettività. Un`ultima considerazione: è vero, occorre ripensare i partiti, dentro un altro orizzonte culturale e politico. Si possono individuare alcune idee guida: primarie
aperte per il premier, i presidenti di Regione, i sindaci, almeno quattro mesi prima delle scadenze elettorali; statuto dei diritti per iscritti ed elettori; referendum propositivi su scelte programmatiche importanti, etc. Questo ed altro si rivelerà del tutto insufficiente se non viene affrontato all`interno della costruzione di forze politiche realmente europee. La crisi di rappresentanza non riguarda soltanto
le istituzioni: non va posto all`ordine del giorno solo l`obiettivo di un Parlamento europeo, dotato della pienezza dei poteri; di un governo federale; di un presidente espressione di una maggioranza politica e domani eletto direttamente dai popoli europei. Al tempo stesso è necessario ricostruire su scala europea, rinnovandone
forme e modi di essere, partiti, sindacati, organizzazioni imprenditoriali. Sì, perché
la crisi della rappresentanza colpisce tutti e la democrazia tutti ci riguarda.


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