Mi sfugge qualcosa nel dibattito che sta sviluppandosi nel nostro paese sulle riforme costituzionali.
 Condivido la necessità di avere coraggio nel cambiare le nostre istituzioni e di farlo presto. È giusto: dimezzare il numero di deputati e senatori, per fare funzionare meglio la democrazia; stabilire, subito, ora, un`indennità ai parlamentari che sia uguale a quella del sindaco di Roma, la capitale d`Italia; attribuire solo alla camera il voto di fiducia al governo e l`ultima parola sulla gran parte delle leggi, mantenendo il bicame- ralismo paritario solo sulle modifiche alla Costituzione, gli ordinamenti dell`Unione europea, la ratifica dei trattati internazionali, le leggi elettorali e i fondamentali diritti civili.
Non capisco invece perché, tanto più in un momento di crisi nella fiducia tra cittadini e istituzioni, sia preferibile un modello che lascia ai sindaci il voto per eleggere senatori dei sindaci e ai consiglieri regionali il voto per eleggere senatori dei consiglieri regionali. Per me la democrazia si fonda su un pilastro cardine: la sovranità è dei cittadini.
Bisogna favorire e rafforzare la partecipazione dei cittadini, non ampliare gli spazi di delega: nel tempo delle reti informatiche una democrazia che non si dia come obiettivo quello di estendere il ruolo e la capacità di intervento del cittadino rischia di impoverirsi, di essere sentita come estranea, lontana.
Aggiungo che è una virtù raccomandata in democrazia anche quella di non cumulare in una stessa persona, magari sovrapponendoli, più incarichi e funzioni. Mi auguro che su queste considerazioni si voglia discutere, avere occasioni di confronto aperto, senza pregiudiziali né diktat.
Le riforme vogliamo realizzarle sul serio e la forte sollecitazione venuta dal governo la considero utile e positiva.

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