Ogni governo potrà avere un ampio sostegno popolare, una strategia moderna, larga disponibilità di fondi europei ma i suoi risultati saranno negativi se non avrà prima di tutto una pubblica amministrazione efficiente. Riformare quella italiana è storicamente difficilissimo: bisogna che sia il principale obiettivo e che sia portato avanti in modo bipartisan. E bisogna lavorare in modo equilibrato con i sindacati. Un adeguato numero di dipendenti pubblici (oggi sono meno di quelli necessari), regole semplici per l`interazione con il pubblico e incentivi per premiare chi lo merita: ecco le tre cose che servono
La miglior cosa che un governo potrebbe fare per l`Italia è far funzionare meglio la macchina della pubblica amministrazione perché questo è necessario per far bene tutto il resto. Uso il termine macchina non per caso. Ogni governo ha una diversa meta politica, ma se non ha una macchina che si muove, non la potrà raggiungere. Se la macchina pubblica funziona male potrai avere la strategia più moderna, potrai avere tutti i finanziamenti europei, potrai avere tutto il sostegno popolare, ma alla fine i risultati saranno inadeguati. Eppure, questa è la triste realtà: nessun governo ha mai messo l`efficientamento della macchina pubblica al primo posto del suo programma. E non lo fa neppure il Pnrr. Perché la macchina pubblica funzioni bene servono tre cose. La prima è che ci siano adeguate risorse umane. Il numero di dipendenti pubblici è calato troppo dal 2009 ma portarlo a livelli medi degli ultimi decenni, in rapporto alla popolazione, richiederebbe assunzioni nette di 150-200 mila persone, non il milione di cui qualcuno ha parlato. Ma le persone vanno inserite nei posti giusti, non in base a criteri “storici”. E occorrerebbe anche tener conto del fatto che la digitalizzazione fa risparmiare non solo carta, ma riduce anche il fabbisogno di personale. Va da sé che il personale aggiuntivo vada adeguatamente addestrato. Adeguatamente, non con programmi di scarsa qualità come spesso ora avviene.
La seconda cosa di cui c`è bisogno sono regole semplici per il funzionamento della pubblica amministrazione e per la sua interazione col pubblico. Brunetta aveva cominciato, ma è un lavoro che richiede anni. È necessaria una rivoluzione, non cambiamenti al margine. E, per quanto riguarda il rapporto tra Stato e imprese, le proposte non possono venire dai ministeri romani; è tempo perso. Le proposte devono essere fatte dalle imprese e poi servirà un capo di un ufficio legislativo romano per tradirne tutto in burocratese. Ma mentre il capo o la rapa dell`ufficio legislativo scrive, ci devono essere quaranta occhi puntati su di lui o lei perché io ho visto leggi entrare in un ufficio legislativo che dicevano una cosa e che quando sono uscite dicevano cose completamente diverse.
La terza cosa che serve, forse la più importante, è introdurre nella pubblica amministrazione adeguati incentivi, premiando chi lo merita. Ora, o si capisce che la parola merito non è una bestemmia, che premiare il merito non umilia nessuno, che premiare il merito non penalizza il gioco di squadra (si possono premiare anche interi team), o si fa tutto questo oppure qualunque cambiamento introdotto in quest`area sarà poco incisivo, come lo è stato in passato. Premiare il merito vuol dire prima di tutto misurare i risultati. Misurare i risultati richiede di fissare obiettivi in modo chiaro e che siano obiettivi ambiziosi. Misurare i risultati richiede poi, periodicamente, andare a valutare sei risultati previsti sono stati ottenuti. Si valutano i programmi di spesa attraverso le spendingreuiew (revisioni della spesa), che non dovrebbero essere esercizi volti necessariamente al taglio della spesa complessiva, ma al suo efficientamento: E una volta misturati i risultati si valutano le persone annualmente, almeno i dirigenti. Però occorre essere chiari: non si possono valutare i dirigenti se poi i dipendenti dei dirigenti non possono essere valutati. Nulla di questo esiste al momento. Il personale è scarso, soprattutto in certi settori come la sanità. Le regole burocratiche sono ancora eccessivamente complicate. E non c`è una gestione della pubblica amministrazione volta ai risultati e al premio al merito. In Italia abbiamo fatto finta di introdurre un metodo di gestione della pubblica amministrazione basato, se non sul merito, almeno sulla misurazione dei risultati, con l`introduzione del performance budgeting con la legge di Bilancio dello Stato del 2009 del ministro Tremonti e con il cosiddetto “ciclo della performance” del ministro Brunetta introdotto più di dieci anni
fa. Sono state riforme puramente di facciata. Ogni anno si fissano obiettivi, si definiscono indicatori relativi al loro raggiungimento e si scrivono rapporti sul raggiungimento degli obiettivi che nessuno in Parlamento o fuori mai leggerà. Anzi, sono certo che ben pochi dei parlamentari sanno di quello di cui sto parlando. E non perdono nulla: si tratta di esercizi di stile burocratico, al massimo. I due sopra citati ministri non sono colpevoli del mancato funzionamento di queste riforme. È la mancanza di volontà politica a realizzare queste riforme sul serio e superare le inevitabili resistenze che è mancata.
E qui arrivo al punto finale. Riformare ed efficientare la pubblica anuninistrazione è difficilissimo. Richiede superare resistenza enormi al cambiamento. Richiede lavorare con i sindacati in modo equilibrato, sperando che i sindacati condividano il progetto. Tutto questo può avvenire solo se la riforma della pubblica amministrazione diventa il principale obiet- tivo di riforma di un governo e se lo si porta avanti in modo bipartisan, anche perché è improbabile che gli obiettivi possano essere raggiunti in un`unica legislatura. E ci vuole il sostegno dell`opinione pubblica. Troppo complicato? Rassegnamoci allora ad avere una macchina pubblica che non funziona. In fondo siamo andati avanti per decenni così e si può continuare per altri decenni.


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