In occasione della sua Relazione alla Camera dei deputati, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha citato il caso delle intercettazioni del presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, come emblematico dell’abuso di questo strumento investigativo. La tesi sarebbe che le intercettazioni telefoniche dovrebbero essere limitate esclusivamente a casi specifici e che, in ogni caso, non dovrebbero essere oggetto di pubblicazione se irrilevanti ai fini del procedimento. Attualmente, l’utilizzo delle registrazioni delle conversazioni telefoniche è regolamentato dalla cosiddetta riforma Orlando, che già ammette la trascrizione delle comunicazioni esclusivamente se rilevanti ai fini processuali. Inoltre, nel caso citato dal Guardasigilli, le intercettazioni delle conversazioni del presidente Zaia, non sono il frutto di una fuga di notizie o di un`inadempienza procedurale della Procura, bensì sono state regolarmente ottenute con richiesta di accesso agli atti da parte dei giornalisti di Report. Atti di un’indagine volta a svelare reati connessi alla Pubblica amministrazione e quindi di dichiarato interesse pubblico. Le conversazioni, intatti, non svelano particolari intimi o della vita privata del presidente veneto. Non commento il turpiloquio: ognuno riceve un’educazione differente. Il contenuto ha invece una grande rilevanza di carattere sia politico che giudiziario: le conversazioni mettono a nudo il modus operandi del governatore e della Regione nei confronti del dissenso e della libera ricerca. Un’abitudine e una disinvoltura nell’utilizzo del potere che è di grande interesse per i cittadini. Quelle registrazioni svelano la vera faccia del potere, fatta di intimidazioni e pressioni. Vi si legge, tra l’altro: “È un anno che lo prendiamo di mira” e “lo stiamo per portare allo schianto”, riferendosi a un`azione giudiziaria promossa da un professionista privato pagato dalla Regione, l`avvocato Fabio Pinelli, eletto proprio ieri vicepresidente del Csm su indicazione della Lega. Il bersaglio era chi scrive, colpevole di aver segnalato alla Regione e poi alla Procura i pericolosi limiti dei test antigenici appena acquistati dalla Regione stessa. Da questa conversazione si deduce che il presidente utilizza i soldi dei contribuenti, le leve del potere e “il suo dirigente”, come lo chiama lui, per programmare azioni che possano danneggiare e infangare la reputazione di un singolo cittadino. Non è un episodio isolato. La Regione Veneto, attraverso Azienda Zero, in sei mesi ha presentato approssimativamente 173 querele a cittadini e professionisti che hanno osato criticare l’operato del presidente o quello della Regione, iniziando una pioggia di querele temerarie puntualmente archiviate. È singolare che il nostro ministro della Giustizia, invece di stigmatizzare il comportamento dell’amministratore veneto, lo ritenga una vittima: “In questo mare magnum di intercettazioni, escono sui giornali delle notizie che diffamano, vulnerano l’onore dei privati cittadini”. La realtà vista al rovescio. Il potere al soccorso dei potenti. Dubito fortemente che in un Paese che ha come valore la trasparenza e il rispetto dei cittadini come architrave fondante dell’ordine sociale le parole pronunciate dal ministro della Giustizia possano trovare giustificazione.


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