Il disegno di legge sulle Modifiche al codice della proprietà industriale approvato oggi in aula trascura coloro che invece dovrebbero essere la prima fonte di investimento del nostro Paese: gli studenti. In questo provvedimento sono ignorati.
Studenti di laurea, di dottorato e di specializzazione sono la componente più creativa ma allo stesso tempo più vulnerabile del nostro sistema universitario. Sono loro a dare un contributo fondamentale alla creazione di proprietà intellettuale. Eppure, questa legge non solo non ne valorizza il contributo creativo, ma anzi, ne ostacola le esigenze e le aspettative formative e di carriera, non riconoscendo la peculiarità della loro situazione.
Il ddl, che ha senza dubbio un merito importante – ovvero quello di trasferire la titolarità dell’invenzione industriale dagli inventori alle istituzioni, compiendo una sorta di restituzione dell’investimento all’istituzione e dunque alla collettività, perfettamente in linea con la legislazione internazionale – di fatto commette un errore grave: dimentica che gli studenti non sono dipendenti degli atenei, e dunque dovrebbero rimanere titolari, almeno quota parte, dei diritti delle loro invenzioni, cosa che ne aumenterebbe la forza negoziale e le opportunità una volta lasciata l’università.
Non solo, all’articolo 5 gli atenei e gli enti di ricerca disciplinano in completa autonomia come le disposizioni di questo ddl si applicano ai soggetti che hanno titolo a partecipare alle attività di ricerca, inclusi studenti del corso di laurea. Disposizione, questa, che crea un elemento di arbitrarietà e subordinazione.
Il disegno di legge concede all’università 9 mesi per esercitare l’opzione per presentare la domanda di brevetto. Un periodo lunghissimo per uno studente che vedrebbe posticipata la presentazione della tesi e la pubblicazione dei risultati scientifici. Non solo: nel caso in cui dopo questo periodo l’opzione non venisse esercitata, la titolarità dell’invenzione ritorna al dipendente che non ha nessun limite temprale mettendo quindi gli studenti alla mercé dell’arbitrio dei supervisori in una situazione di totale incertezza.
E ancora: nulla è previsto nel caso in cui, dopo l’esercizio di opzione esercitato dall’università e del deposito della domanda di invenzione industriale, l’università stessa decidesse di abbandonare l’iter di registrazione europeo internazionale. E purtroppo non è un evento raro. Nel 2021 sono state presentate 11mila domande di brevetto e soltanto 4900 sono andate al brevetto europeo, quindi significa che 6mila domande vengono depositate e non proseguono l’iter.
E, ultimo ma non certo per importanza: nulla è previsto a copertura finanziaria, nonostante il percorso di registrazione di un brevetto costi non meno di 60mila euro. Difficilmente le università potranno reperire le risorse per far fronte a questo impegno di spesa.
Questa legge dunque, è l’ennesima occasione perduta per promuovere e valorizzare l’innovazione in Italia e sostenere i nostri giovani.


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