In Italia – come in gran parte dei Paesi ricchi oramai da trent`anni coesistono tre grandiosi fenomeni demografici: la
diminuzione dei bambini, l`aumento degli anziani, l`intensificazione delle migrazioni. Nei primi cinque mesi del 2016, gli iscritti alle anagrafi in Italia sono diminuiti di 62 mila persone, a causa di un saldo naturale fortemente negativo (-84
mila) e di un saldo migratorio solo lievemente positivo (+22 mila). 11 problema non è tanto il calo della popolazione, quanto
l`accelerazione del suo invecchiamento: in appena quattro anni, gli ultrasettantenni sono aumentati di quasi 500 mila, passando dal 15 al 16% del totale. Nello stesso periodo (dal 2012 al 2016), i nati sono diminuiti del 16%. Metà di questo calo è dovuto alla diminuzione del numero di donne in età fertile, metà a una minor propensione delle coppie ad avere figli. Gli enti locali faticano a garantire, a costi ragionevoli, servizi alla prima infanzia e alle famiglie con figli, mentre le famiglie con bambini sono sempre più povere. Secondo l`Istat, nel 2015 il 18% delle famiglie con tre o più minori aveva
grandi difficoltà a fare la spesa e a pagare le bollette. Lo stesso vale per il 6% del complesso delle famiglie italiane, ma solo per il 4% per le famiglie dove vive almeno una persona con più di 65 anni.
Nell`ultimo biennio qualcosa è stato fatto a favore delle famiglie povere con bambini, ma è ancora troppo poco: un abisso
divide le politiche familiari dell`Italia da quelle di altri Paesi, come la Francia e la Svezia, dove non a caso – la natalità è molto più elevata. Nei lavori preparatori della nuova legge di Bilancio si parla molto di pensioni, poco di aiuti alle famiglie con figli. Siamo ancora in tempo per correggere la rotta. Non per accendere una improbabile guerra fra generazioni,
ma per favorire una maggior equità fra i bambini, a prescindere dal numero di fratelli, e per permettere alle coppie di realizzare i loro sogni riproduttivi.
Come già accennato, negli ultimi due anni il saldo migratorio non è riuscito a compensare le perdite della demografia natura-
le: l`Italia è diventata meno attrattiva per gli stranieri, e un numero crescente di giovani italiani va a cercare fortuna all`estero. La combinazione di queste due tendenze è negativa, perché nel prossimo ventennio, senza immigrazioni, la popolazione italiana in età lavorativa (2o-69) diminuirebbe di 300 mila unità l`anno, e il calo sarebbe ancora più accentuato se i giovani italiani continuassero a emigrare.
I pochi giovani e adulti farebbero sempre più fatica a sostenere il crescente numero di anziani. Anche su questo versante,
le sfide politiche sono imponenti. Da un lato, bisogna continuare a creare lavoro vero, di tutti i tipi: di alta tecnologia e specializzazione, ma anche più modesto, rilanciando l`edilizia, favorendo gli investimenti, rilanciando i servizi alla persona…
Ma è prima di tutto il clima generale dell`Italia che dovrebbe cambiare, perché oggi molti italiani non se la sentono di scommettere sul futuro: preferiscono tenere i soldi sotto il materasso, in attesa di tempi migliori.
Inoltre, va invertito l`approccio alle politiche migratorie. Le migliaia di giovani che la sparizione dello Stato libico spinge verso Iltalia andrebbero considerati una risorsa piuttosto che una minaccia, per irrobustire una popolazione in rapido invecchiamento. L`ha capito Angela Merkel (la demografia tedesca è compromessa almeno quanto la nostra) e dovremmo capirlo
anche noi. Il divorante desiderio di questi giovani di migliorare la propria condizione economica andrebbe agevolato in tutti i modi: evitando di accatastarli in insensati campi profughi, stabilizzando rapidamente il loro status giuridico, accelerando l`apprendimento dell`italiano, creando (non ostacolando) mille occasioni di lavoro. Perché tutti gli studi mostrano che gli immigrati non cannibalizzano il lavoro degli autoctoni: al contrario, dal lavoro nasce altro lavoro. E il lavoro dà dignità, oltre a permettere a questi giovani di mandare un po` di soldi a casa, ricordando che le rimesse degli immigrati sono uno straordinario volano dello sviluppo dei Paesi poveri.
La demografia può contribuire a costruire l`agenda alla buona politica. Ma questo può accadere solo se la politica ha a cuore lo sviluppo armonico delle generazioni, piuttosto che la ricerca del facile consenso e i titoli del telegiornale delle otto.